Microplastiche, minaccia all’ambiente

Le minuscole particelle inquinanti sono sempre più presenti nella catena alimentare. Provengono da rifiuti difficili da smaltire: ingerite da pesci e insetti, queste sostanze arrivano infine sulle nostre tavole

L’inquinamento da plastica è un’emergenza diffusa ormai a livello globale, una problematica molto seria che minaccia gli ecosistemi della Terra, soprattutto quello marittimo. Ma quando parliamo di emergenza non ci riferiamo “solo” alle montagne di rifiuti di plastica che galleggiano al largo degli oceani e arrivano poi sulle spiagge di tutti i Paesi del mondo, ma anche a quei pezzettini di immondizia invisibili all’occhio umano, rappresentati dalle microplastiche, così densamente disperse nella natura che non ci accorgiamo di quanto pericolose siano per noi e per l’ambiente. Si tratta di minuscole particelle di materiale plastico generalmente più piccole di un millimetro fino a livello micrometrico. Ne esistono due categorie: quella primaria è il risultato diretto dell’uso umano di queste sostanze, mentre la secondaria è il risultato della frammentazione di rifiuti plastici di più grandi porzioni. Provengono da diverse fonti: se ne trovano in maniera massiccia in prodotti per la persona, come i cosmetici, o in quei prodotti per l’igiene personale e per la casa, come il dentifricio. E ancora, nei materiali edili, nelle industrie e in agricoltura. La brutta notizia è che, come dimostrano diversi studi, le microplastiche, per la loro dimensione, riescono ad infilarsi praticamente ovunque. Ed è possibile che riescano ad attraversare le barriere fisiologiche ed entrare anche negli organismi viventi. Le ‘porte’ di ingresso principali sono gli alimenti che ingeriamo. Un mare inquinato genera pesci inquinati, gli stessi che poi arrivano sulle nostre tavole. Va precisato che le ricerche in merito sono ancora in corso: questo tipo di indagine scientifica risulta molto complicata. Tuttavia esperimenti sono stati condotti, e i risultati cominciano già a dare qualche risposta allarmante. L’iniziativa è partita da un team di ricerca dell’University of Eastern Finland, che ha misurato l’assorbimento di nanoplastiche dal suolo da parte della lattuga, per poi vedere se queste vengono trasferite ad alcuni animali. Si tratta di un’informazione cruciale per comprendere se, e in che misura, le microplastiche possono contaminare le coltivazioni e di conseguenza intrufolarsi all’interno della catena alimentare. Utilizzando uno strumento di tecnologia avanzata come la microscopia elettronica a scansione, gli scienziati hanno analizzato tre categorie di esseri viventi: le piante, le larve e i pesci. Le ricerche hanno dimostrato che le nanoplastiche venivano assorbite dalle radici delle piante e si accumulavano nelle foglie. Poi le microplastiche venivano trasferite dalla lattuga contaminata agli insetti. Anche nei pesci, che erano stati nutriti con degli insetti contaminati, sono state rilevate particelle nei tessuti delle branchie, del fegato e dell’intestino. Il mare, in particolare, è diventato la discarica del Pianeta. “Ogni anno a livello globale si stima che tra 500mila e 1 milione di tonnellate di attrezzi da pesca finiscano in mare. Si tratta di una tipologia di rifiuto con un impatto fortemente deleterio sugli ecosistemi marini perché determina il soffocamento e l’intrappolamento della fauna e della flora provocando danni permanenti”, ha spiegato Giulia Prato, responsabile Mare del WWF Italia.
Non solo la fauna marina è esposta al pericolo di contaminazione da microplastiche, ma anche alimenti come il sale marino, la birra ed il miele.L’esposizione a questo pericolo ha purtroppo già toccato punti di non ritorno. Ma il contributo che ciascuno di noi può dare per contrastare l’inquinamento globale è quello di ridurre il più possibile l’utilizzo della plastica nella nostra vita quotidiana. E prediligere una dieta sana e biologica, evitando il più possibile cibi industriali.

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