Migranti, la Cassazione: Carola agì secondo dovere

La portavoce di Sea Watch commenta le motivazioni della sentenza della Cassazione sul caso della capitana Carola Rackete

Foto di Giovanni Isolino / AFP in foto Carola Rackete

ROMA – “Le motivazioni della Corte di Cassazione cristallizzano un principio di diritto storico, quello della causa di giustificazione, che le autorità che svolgono funzioni di polizia giudiziaria non potranno sottrarsi dal tenere in considerazione prima di arrestare chi ha agito per necessità”. Così in una nota Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch commenta le motivazioni della sentenza della Cassazione sul caso della capitana Carola Rackete.

Il caso Sea Watch

“Nel caso specifico, Carola ha operato in adempimento di un dovere, sancito dal diritto internazionale con rango di principio consuetudinario. Direttamente recepito nel nostro ordinamento attraverso l’art. 10 della Costituzione – aggiunge -. Il dovere di soccorrere chiunque si trovi in difficoltà in mare non si esaurisce nell’atto del soccorso. Ma solo quando le persone sono state trasferite in un luogo sicuro, dove possano esercitare i propri diritti fondamentali”.

La decisione della Cassazione

“La Cassazione chiarisce che una nave non si qualifica come un luogo sicuro e, tantomeno, dove si esaurisce l’onere di assistere i naufraghi – prosegue -. Questo assunto è stato violato ripetutamente dalle disposizioni del precedente Governo e lo è tuttora. In questo momento, due navi umanitarie restano in attesa dell’indicazione di un porto, in balia di condizioni meteo avverse”.

(LaPresse)

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