Migranti: ‘traffico’ dalla Sicilia alla Tunisia, eseguite 18 misure cautelari

Operazione della Polizia di Stato

Gli accertamenti della polizia scientifica

CALTANISSETTA – La polizia di Stato, nel corso delle indagini preliminari, coordinate dalla locale Procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia, ha eseguito 18 ordinanze di custodia cautelare personali, 12 in carcere e 6 agli arresti domiciliari, disposte dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Caltanissetta per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Stando a quanto ricostruito, le imbarcazioni degli scafisti sarebbero partite dal porto di Gela o dalle coste dell’agrigentino per raggiungere la Tunisia e far immediato rientro con il ‘carico’ di migranti.

Le indagini hanno avuto inizio il 21 febbraio 2019 quando all’imbocco del porto di Gela si è incagliata una barca in vetroresina di 10 metri con due motori da 200 cavalli, segnalata da un pescatore del luogo. Gli accertamenti condotti dagli investigatori della squadra mobile hanno permesso di appurare che l’imbarcazione era stato rubato a Catania pochi giorni prima e che erano sbarcate decine di persone presumibilmente di origini nord africane. Le prime attività investigative, frutto della capillare conoscenza del territorio degli uomini della polizia di Stato, hanno permesso di risalire ad una coppia di origini tunisine che favoriva l’ingresso irregolare sul territorio italiano, principalmente di cittadini nord africani.

A carico degli indagati, 11 di nazionalità tunisina e 7 italiana, secondo la ricostruzione fatta dalla Procura della Repubblica nissena e vagliata dal G.I.P., sussistono gravi indizi di partecipazione a un’organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; reato aggravato dal fatto che l’associazione era composta da più di dieci persone; era finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di più di 5 persone; aveva carattere transnazionale in quanto operativa in più stati. È stata altresì contestata la circostanza aggravante di aver esposto a serio pericolo di vita i migranti da loro trasportati; di aver sottoposto a trattamento inumano e degradante i migranti e di aver commesso i reati per trarne un profitto. Tutte le aggravanti sono state ritenute sussistenti dal G.I.P. La presunta organizzazione criminale sarebbe stata promossa da un uomo e una donna tunisini, entrambi, già all’epoca dei fatti, sottoposti agli arresti domiciliari per analoghi reati – per i quali hanno riportato condanna ritenuta definitiva nel corso delle indagini –, che gestivano l’attività di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina da una casa sita in territorio di Niscemi. Le indagini hanno permesso individuare un altro soggetto di Niscemi che avrebbe avuto il ruolo di capo, 2 tunisini con base operativa a Scicli che avrebbero avuto il compito di gestire le casse dell’associazione per delinquere, 5 italiani che avrebbero curato gli aspetti logistici, come l’ospitalità subito dopo lo sbarco sulle coste siciliane ed il trasferimento degli scafisti dalla stazione dei pullman alla base operativa, 4 scafisti (un italiano e 3 tunisini) e 4 tunisini che avrebbero avuto il ruolo di ‘connection man’ con il computo, in madre patria, di raccogliere il denaro dei migranti che volevano raggiungere l’Europa. L’associazione per delinquere, con vari punti strategici dislocati in più centri siciliani – Scicli, Catania e Mazara del Vallo –, avrebbe impiegato piccole imbarcazioni, munite di potenti motori fuoribordo, condotte da esperti scafisti che avrebbero operato nel braccio di mare tra le città tunisine di Al Haouaria, Dar Allouche e Korba e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento, così da raggiungere le coste italiane in meno di 4 ore, trasportando dalle 10 alle 30 persone per volta, esponendole, viene evidenziato, a grave pericolo per la vita.

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