Moglie di Cesare o suocera partigiana?

“Essere come la moglie di Giulio Cesare” è un celebre idiomatismo riferitoci da Plutarco nell’opera in cui il celebre storico greco descrive la vita dell’ultimo dei “Dictator” dell’antica Roma. Pompea, compagna del celebre conquistatore delle Gallie, fu ripudiata, in maniera strumentale, dal marito, per il solo fatto che un suo spasimante, Publio Clodio, si fosse introdotto, travestito da donna, nella casa del condottiero durante una festa. Ancorché nulla fosse accaduto di disdicevole tra i due, la sola presenza del corteggiatore fu ritenuta prova di apparente disonestà da parte della donna che, in quanto consorte di Cesare, era, in quel momento, una delle personalità più note e potenti dell’Urbe e che, appunto, in quanto tale, doveva non solo essere onesta ma anche apparirlo al di là di ogni ombra di dubbio. Insomma da un astuto pretesto è derivata una massima morale che ancora oggi viene spesso invocata. In sintesi: chiunque eserciti un ruolo di comando non deve solo essere candido di coscienza ma deve anche sembrare tale. Una regola che vale non solo per l’onestà ma anche per qualsiasi altro attributo etico e comportamentale delle persone che esercitano pubbliche funzioni. Nel caso dei magistrati oltre all’onestà viene richiesta la pedissequa aderenza all’imparzialità dei loro giudizi ed un  consequente stile di vita che lo attesti in ogni momento. La delicatezza, l’importanza del ruolo e della funzione pubblica svolta, richiedono, infatti, che sia tutelata l’immagine stessa del giudice il quale deve astenersi dal manifestare inclinazioni e preferenze politiche o di qualsiasi altra natura che in talune circostanze possano qualificarlo, agli occhi della gente, come “di parte”. D’altronde la stessa denominazione, quella di magistrato, deriva e descrive etimologicamente lo stare al di sopra delle parti, condizione essenziale per poter poi esprimere  serenamente un giudizio. Tuttavia in Italia, un tempo culla del diritto e delle dottrine giuridiche, questa rappresentazione di imparzialità è andata via via sbiadendo se non compromettendosi, con atteggiamenti personali e prese di posizione politiche e sociali sempre più estreme. Si cominciò negli anni ‘70 del secolo scorso con i “pretori di assalto”. Poi è stata la volta di Magistratura Democratica che spesso ha invitato esponenti politici extraparlamentari e sindacalisti della Cgil ai propri convegni, teorizzando e affiancando la “via giudiziaria” alla lotta sociale del proletariato. Insomma: si è voluta in qualche modo piegare la legge (e la sua applicazione) secondo canoni ideologici ed etici che travalicavano la norma giuridica in ragione di un’azione politica impropria, imprevista e vicariante. Depositari di una morale viziata perché  politicizzata, a centinaia le toghe hanno esercitato il proprio ruolo non per essere imparziali, bensì per realizzare scopi del tutto estranei alla figura del magistrato estraneo alle leggi. Iniziò in questo modo (e su quel versante politico) la giustizia politicizzata e ad orologeria per sgominare il campo avverso e “mascariarlo” con avvisi di garanzia e carcerazioni eccellenti. E’ stata quella sindacalizzazione a trasformare il pm in uomo di parte e di potere, capace di prevaricare finanche gli esiti della democrazia, falcidiando politici ed amministratori col disdoro ed il clamore mass mediatico delle indagini, dei processi basati su pregiudizi e la carcerazione preventiva come anticipazione della pena (senza sentenze!). Tutto questo sotto l’egida della proclamata autonomia dei magistrati rapidamente convertita in esercizio irresponsabile della propria azione giudiziaria e dei suoi abusi. Venendo all’attualità ci troviamo innanzi a decisioni che violano le disposizioni di legge sull’immigrazione clandestina da parte di un magistrato, Iolanda Apostolico, giudice del tribunale di Catania, la quale ritiene che la disposizione del questore di trattenere i migranti per accertarne le condizioni di asilo politico, violi la norma costituzionale sulle libertà personali. Strano che le nostre garanzie si applichino immediatamente anche a quelli della cui precisa identità (e status giuridico) ancora niente si conosce di realmente accertato! Attenzione: qui non si tratta di mero convincimento giuridico perché si è scoperto che la Apostolico è una militante attiva di organizzazioni pro migranti, finanche partecipe, insieme con il marito, a pubbliche manifestazioni! Insomma, in questo caso non è solo venuta meno la cautela ma anche l’immagine di neutralità ed imparzialità di giudizio delle toghe. Ovviamente, immediata, si è scatenata la canea dell’Anm e dei vari politici di sinistra  in difesa delle prerogative di autonomia del magistrato. Si è detto anche che la sentenza era appellabile, e ci mancherebbe  che non lo fosse! Quel che invece è inappellabile è il fatto che quel giudice non si fosse mostrato sereno ed imparziale sulla questione che le era stata sottoposta in giudizio. Anzi, secondo quanto emerso, la nostra toga si è addirittura schierata con i manifestanti che protestavano pure contro la polizia schierata a protezione dei centri di reclusione temporanea per i migranti. Inutile dire che i quattro migranti liberati dalla Apostolico si sono prontamente resi uccel di bosco! Altro che moglie di Giulio Cesare! Siamo invece, al massimo, nelle mani di una… suocera invadente e partigiana!

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