Morto Francesco Saverio Borrelli, che guidò il pool di Mani Pulite

Borrelli era nato a Napoli il 12 aprile del 1930

Francesco Saverio Borrelli (FOTO MICHELE RICCI \ LAPRESSE)

MILANO – È morto a Milano a 89 anni Francesco Saverio Borrelli, ex procuratore a capo del pool di Mani Pulite. Borrelli era ricoverato all’hospice dell’Istituto Tumori.

La scheda

Il procuratore Francesco Saverio Borrelli, che guidò il pool di Mani Pulite è mancato oggi a Milano. Era ricoverato da tempo nell’hospice dell’Istituto dei Tumori. Aveva 89 anni. Borrelli era nato a Napoli il 12 aprile del 1930. Dopo la laurea in Giurisprudenza a Firenze, era entrato in magistratura nel 1955.

Quasi tutta la carriera di Borrelli è svolta nelle aule del tribunale di Milano, fino a quel suo discorso da procuratore generale della Corte d’Appello, nel 2002, che si concludeva con un appello per l’indipendenza della magistratura rimasto famoso: “Resistere, resistere, resistere, come sulla linea del Piave”.

Dopo aver lasciato la magistratura, Borrelli aveva vissuto ancora una stagione professionale come capo dell’ufficio indagini della Figc, nel 2006, nominato dal commissario straordinario Guido Rossi dopo lo scandalo sul mondo del calcio. Ma accanto all’amore per la legge, Borrelli ha sempre coltivato quello per la lirica: presenza fissa alla Scala di Milano, nel 2007 era stato nominato presidente del Conservatorio di Milano.

La camera ardente sarà aperta lunedì a Palazzo di Giustiza. Accanto a lui fino all’ultimo momento la moglie Maria Laura e i figli Andrea e Federica. Immediate le reazioni di quanti l’hanno conosciuto. “Francesco Saverio Borrelli era un capo che sapeva proteggere i suoi uomini, una persona che ha fatto la storia d’Italia”, ha detto il procuratore Greco.

L’8 luglio la figlia Federica aveva scritto su Facebook un lungo post che faceva presagire la fine. “Ti tengo la mano e insieme alle lacrime che non ho il pudore di nascondere, scorrono i mille ricordi di quanto vissuto con te. Mi vedo seduta sulla canna della tua bicicletta azzurra, sento ancora il freddo dell’acciaio sulle mie gambe infantili, vedo le mie mani grassocce che stringono il manubrio, come mi dicevi tu, per non cadere e non sbilanciarci. Ricordo l’ansia del distacco quando mi lasciavi all’asilo per consegnarmi alla signorina Carla.

Ma non solo… ricordo le prime versioni di latino tradotte insieme, ricordo il tuo aiuto magico per il maledetto Isocrate e per i filosofi greci, anche all’Università, ricordo il regalo di maturità, le gite sui Monti della nostra Courmayeur, i litigi, le sgridate, l’ultima pochi giorni prima del matrimonio, ricordo che non hai mai smesso di trasmettere tutto ciò che per te valeva la pena trasmettere. Nel mio momento più buio ci sei stato, amorevole, quando nacque Sofia, quando mi sono ammalata mi hai portato in giro per capire cos’era questa maledetta malattia. Mi mancano il tuo arguto senso critico, che si parlasse di filosofia, letteratura, musica, storia e arte. Mi manca il suono del tuo pianoforte che giace orfano del tuo talento, come orfani siamo noi. Papà vorrei averti potuto e saputo dare tutto quello che mi hai dato, per sempre”.

(LaPresse)


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