Napoli, il cappellano del carcere: “Troppi suicidi a Poggioreale”

NAPOLI – Stop ai suicidi in cella. Sit in davanti al carcere di Poggioreale oggi, organizzato dal cappellano del penitenziario don Franco Esposito: “Siamo in emergenza e serve subito un indulto per eliminare il sovraffollamento, alla base di queste morti. Bisogna usare di più le misure alternative al carcere, per chi ha pochi anni da scontare. Ad alcuni mancano meno di due anni, ma restano fino all’ultimo giorno”. Non solo. “Spesso vedo persone che in cella perdono ogni speranza. A volte si suicidano fuori – aggiunge il parroco – dall’inizio dell’anno abbiamo avuto tre suicidi e una morte sospetta a Poggioreale e un suicidio pochi giorni fa a Secondigliano. Troppi per far finta di nulla”. Qual è l’obiettivo della manifestazione? “Serve far capire ai cittadini, che non si può restare indifferenti alla mattanza. I morti sono diventati numeri. Invece sono persone, hanno famiglie, sogni e amici. Tra l’altro si pensa solo a piccoli interventi, come la ristrutturazione di un padiglione, che costa tanto e non risolve il problema del sovraffollamento”. Dunque? “La politica è sorda. Assuma le responsabilità e intervenga subito. Spesso sono ragazzi a togliersi la vita”.
A gennaio tre suicidi e un omicidio sospetto. In un solo mese. “C’è il rischio concreto che andremo avanti così. La manifestazione vuole scuotere le coscienze perché il problema carcere, con la sua violenza e le sue morti, è un problema di tutti. Per i tanti forse uccisi dalla disperazione, dalla paura. Le istituzioni dimenticano l’essere umano”.
Il Centro di Pastorale Carceraria della Diocesi di Napoli, insieme con l’associazione Liberi di Volare onlus e con l’associazione Sbarre di Zucchero, ha organizzato questa mattina, a partire dalle 10 e 30, il presidio con corteo presso la casa circondariale Giuseppe Salvia a Poggioreale, per dire basta ai suicidi in carcere.
Un fenomeno che non riguarda solamente i detenuti, bensì anche gli agenti penitenziari, a dimostrazione di una vita carceraria colma di frustrazione per i ristretti e per chiunque operi all’interno degli istituti penitenziari.

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