Napoli. Quartiere in guerra permanente

Gli equilibri Dalla spaccatura nel cartello De Luca Bossa/De Martino al ritorno dei De Micco, nella zona Est regna la paura

NAPOLI (ap) – Lo scenario criminale dell’area orientale di Napoli è in continua evoluzione. Tra Ponticelli e Cercola, lungo l’asse di via Angelo Camillo de Meis, gli affari si fanno soprattutto con la droga e le estorsioni. Questo era il regno dei D’Amico “Fraulella” e dei De Micco alias “Bodo”, in guerra tra loro.
Due gruppi che, indeboliti da omicidi eccellenti e arresti, furono rimpiazzati da un cartello criminale formato dalle famiglie De Luca Bossa, Minichini, Casella e De Martino. Una succursale locale dell’Alleanza di Secondigliano, organizzazione nata alla fine degli anni ’80 dal patto tra Gennaro Licciardi “’a Scigna” (di Secondigliano), Edoardo Contini “’o Romano” (di San Carlo all’Arena) e di Francesco Mallardo (di Giugliano).
Il legame tra i De Martino e i De Micco, però, era ancora molto forte. Antonio De Martino, in particolare, era stato uno spietato killer per conto dei Bodo. Era stato lui l’autore dell’assassinio di Nunziata D’Amico, la “Passilona”, al rione Conocal, il 10 ottobre del 2015. Inoltre i De Luca Bossa e i Minichini tendevano a fare la parte dei leoni nella ripartizione dei proventi delle attività illecite, lasciando ai De Martino le briciole. Questa la ragione della rottura tra gli XX e i De Luca Bossa, nell’autunno del 2020 e della successiva decisione di Francesco De Martino e dei fratelli Antonio e Giuseppe di allearsi ai Bodo dopo la scarcerazione di Marco De Micco, il 20 marzo 2021.

I De Luca Bossa e i Casella in ritirata

Una volta, nel maxiclan De Luca Bossa/Minichini/Casella/De Martino erano i sodali di Tonino ’o Sicco a dettare legge. Oggi, dopo il passaggio dei De Martino al fianco dei De Micco, le parti si sono invertite. E le piccole scaramucce, le stese e gli atti dimostrativi hanno lasciato il posto alle bombe “vere” e agli omicidi. Gli ultimi, quelli più eclatanti, sono stati quelli di Salvatore De Martino, ras del rione De Gasperi e di Carmine D’Onofrio, figlio di Giuseppe De Luca Bossa (nel tondo), punito con la morte per la bomba davanti all’abitazione di Marco De Micco. Ci sono stati gli arresti di Umberto De Luca Bossa e Giuseppe, di Giuseppe Amitrano ’o pop e di Luigi Austero. I Casella, dopo l’arresto di Giuseppe Righetto, figlio di Salvatore Casella ’o Pachialone, si sono rinchiusi nel fortino di via Franciosa, in attesa di tempi migliori. Intanto, a novembre, Francesco De Martino dovrebbe lasciare il carcere…

Il “sistema” della cosca per fare soldi

NAPOLI (Antimo Prisco) – Non si possono capire le logiche criminali che stanno dietro una guerra di camorra senza conoscere il valore della posta in gioco. A Ponticelli e nelle aree circostanti parliamo di una immensa piazza di spaccio, di contrabbando di sigarette, di pizzo alle attività commerciali e ai cantieri edili. Una enorme macchina da soldi che fino al marzo dello scorso anno veniva amministrata dal grande cartello De Luca Bossa/Casella/Minichini/De Martino in base a patti precisi. Poi, con la liberazione di Marco De Micco e la nuova alleanza De Martino/Bodo, tutto è di nuovo in discussione.
Ma quali erano gli accordi, prima? Lo spiega Rosario Rolletta, alias “Friariello”, che gli scenari criminali della zona li conosce bene. Tra il 2015 e il 2016 era stato un affiliato dei De Micco e come tale aveva preso parte all’omicidio di Nunzia D’Amico, figura di spicco del clan rivale. All’epoca i Bodo regnavano su Ponticelli, Cercola, Massa di Somma e San Sebastiano al Vesuvio. Era particolarmente legato ad Antonio De Martino, il leader degli XX.
Friariello uscì dal carcere nel settembre del 2020, quando l’alleanza tra De Martino e De Luca Bossa era ancora in piedi. Allora, spiegava, i proventi delle estorsioni finivano in una cassa comune gestita da Giuseppe e Umberto De Luca Bossa. I De Martino erano gli esattori. Chiedevano il pizzo agli imprenditori ma anche ai piccoli criminali: spacciatori, contrabbandieri, ladri, ricettatori, ambulanti irregolari, e truffatori. I soldi dei contrabbandieri di sigarette potevano tenerli, il resto doveva finire nella cassa comune per comprare armi e droga, per pagare lo stipendio agli affiliati, ai detenuti e agli avvocati.

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