‘Ndrangheta, fatta luce su cold case del 1988. Dda: “Zappia spietato”

Foto Carlo Lannutti / LaPresse

MILANO – I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal gip a carico di una persona. Ritenuta responsabile dell’omicidio “premeditato ed aggravato dai motivi abietti” di Giuseppe Cartisano, classe 1967. Assassinato a Reggio Calabria in data 22 aprile 1988. Zappia Vincenzino detto ‘Enzo’, 52 anni attualmente detenuto per un altro motivo. Il provvedimento arriva oggi. Al termine delle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, diretta dal procuratore reggino Giovanni Bombardieri.

“Le risultanze investigative hanno consentito di ben delineare la spiccata caratura criminale del destinatario del provvedimento di oggi. Impostosi come uno tra i più spietati elementi dei gruppi di fuoco. Che la compagine di appartenenza, durante la seconda guerra di ndrangheta, aveva approntato. Per far fronte alle offensive delle cosche avversarie. Sullo sfondo – segnalano i carabinieri – una cruenta lotta senza quartiere ingaggiata per il predominio mafioso-territoriale sulla città di Reggio Calabria”.

L’indagine, condotta dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Reggio Calabria e dalla procura reggina, è stata avviata nel settembre del 2019. Ha consentito di fare completa chiarezza su uno dei fatti di sangue più efferati ed eclatanti della faida reggina a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. L’omicidio di Giuseppe Cartisano. Secondo quanto ricostruito, i due killer entrarono in azione la sera del 22 aprile 1988 all’interno del bar gelateria Malavenda. Nella centralissima piazza De Nava. Dove affrontarono apertamente Cartisano. Colpendolo a morte con numerosi colpi di arma da fuoco. Durante la loro fuga, però, furono intercettati ed inseguiti da una pattuglia dei carabinieri. Verso cui esplosero diversi colpi di arma da fuoco allo scopo di guadagnare la fuga. Nel corso del conflitto a fuoco che ne seguì, rimase ucciso uno dei due sicari, Pellicanò. L’altro, oggi identificato come l’indagato Zappia, sebbene gravemente ferito, riuscì a dileguarsi, approfittando dell’aiuto fornitogli da ignoti complici.

Vincenzino Zappia responsabile dell’omicidio di Giuseppe Cartisano

Sulla scena del crimine, i Carabinieri rinvennero e repertarono – lungo la via di fuga dei killer – consistenti tracce ematiche. Si trattava del sangue che uno degli assassini aveva perduto in grande quantità, dopo essere stato colpito alla gamba nel corso del conflitto a fuoco. Gli accertamenti tecnici condotti nell’immediatezza su quel materiale biologico non consentirono, tuttavia, per le conoscenze tecnico-scientifiche dell’epoca, di stringere il cerchio.

Nel 2019, però, la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, nel riesaminare le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Che avevano fornito indicazioni su quella vicenda nell’ambito del processo Olimpia. E nel corso di indagini successive, ha fatto una nuova verifica degli atti processuali. Recuperando i reperti di tracce ematiche rimasti custoditi per più di trent’anni negli archivi giudiziari. Sono stati, quindi, delegati accertamenti genetico molecolari sui campioni di sangue in sequestro. Grazie alle moderne tecniche di laboratorio, hanno permesso ai carabinieri di estrapolare il Dna nucleare utile per fini identificativi. “La successiva comparazione di laboratorio ha fornito la definitiva ed inequivocabile conferma sull’dentità del killer fuggito all’epoca dei fatti”.

Fanno sapere i militari dell’Arma. L’indagine ha poi certificato, secondo gli inquirenti, l’appartenenza di Vincenzino Zappia alla potente cosca di ‘ndrangheta dei De Stefano-Tegano. Attiva a Reggio Calabria. Per conto della quale aveva portato a compimento anche l’omicidio del giovane Cartisano.

(LaPresse)

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