Omicidio Vassallo, la famiglia del sindaco di Pollica: “Delitto tra ‘amici’ in uniforme”. Ingroia: “C’è stato depistaggio”

L'ex pm antimafia Ingroia parla di depistaggi nelle indagini sull'omicidio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo che il giorno dopo il delitto avrebbe dovuto incontrare il pm Alfredo Greco

POLLICA – Un omicidio efferato che ancora oggi non ha trovato un colpevole. Angelo Vassallo, sindaco di Pollica è stato assassinato il 5 settembre 2010 con nove colpi di pistola. Al momento per l’omicidio c’è un solo indagato Lazzaro Cioffi, un carabiniere che si trova in carcere perché accusato di essere connivente con il clan Fucito di Napoli. L’ex pm antimafia e avvocato di parte civile della famiglia Vassallo, Antonio Ingroia ha raccontato a ‘Il Fatto Quotidiano’ di un delitto organizzato, e dei depistaggi nell’inchiesta. Tutto questo alla luce dell’acquisizione delle immagini delle telecamere di sorveglianza avvenuta in questi giorni. I nuovi dettagli dell’inchiesta parlano del ruolo del boss della droga Francesco Casillo, e del colonnello Fabio Cagnazzo che pochi giorni prima del delitto gli sequestrò una barca. Il sindaco di Pollica il giorno dopo la sua morte avrebbe dovuto incontrare il pm Alfredo Greco. Il contenuto di quell’incontro continua a tormentare la famiglia Vassallo che chiede giustizia.

La lotta allo spaccio e il movente della droga

“Spuntano indizi che confermano il quadro di un grave depistaggio”, ha detto Ingroia. In un primo momento il movente del delitto è stato individuato nella lotta al traffico della droga, che era uno dei capisaldi dell’attività di Vassallo. Il sindaco una sera aveva avuto uno scontro verbale con uno spacciatore di origini brasiliane, che è poi stato al centro delle indagini per ben tre anni. Il brasiliano due giorni dopo la morte del sindaco era tornato nel suo Paese. La sua posizione per l’omicidio di Vassallo è stata archiviata ben due volte. Per Ingroia questa pista avrebbe dirottato le indagini. Con la famiglia Ingroia segue “la pista del delitto tra ‘amici’ con qualche uniforme”.

Fabio Cagnazzo ad Acciaroli

Fabio Cagnazzo, colonnello dei carabinieri all’epoca comandante della stazione di Castello di Cisterna, quell’estate si trovava ad Acciaroli. Conosceva quella zona perché era una delle località protette dove venivano inviati i pentiti di cui si occupava. Il colonnello avrebbe un alibi di ferro, la sera del dilitto era a cena nel ristorante del fratello della vittima e sarebbe stato visto anche da Giusy Vassallo, figlia del sindaco di Pollica con cui aveva avuto una reazione. Dopo il delitto Cagnazzo, di sua iniziativa, avrebbe acquisito le immagini delle telecamere di sorveglianza di un negozio che davano sull’esterno. Quell’estate ad Acciaroli c’era anche il boss della droga Francesco Casillo su una barca lussuosa. Gli fu sequestrata dai carabinieri di Castello di Cisterna del colonnello Fabio Cagnazzo. Il boss, poi ex pentito, se ne lamenta al telefono col suo legale: “E mi meraviglio che Fabio ha potuto fare questo a noi…”. Accusato in passato di corruzione, Cagnazzo è considerato da molti ambiguo. L’unico indagato per l’omicidio Vassallo è Lazzaro Cioffi, che con Cagnazzo lavorava, ed è in carcere perché accusato di essere connivente con il clan Fucito di Napoli.

Le dichiarazioni del pentito De Simone

A complicare il quadro la relazione avuta da Cagnazzo con la figlia del sindaco assassinato, e le parole di un pentito che parlano di una relazione tra Giusy e il brasiliano. Ingroia illustra così il depistaggio “L’indizio più evidente è nel verbale del pentito Ciro De Simone che indica l’assassino nel brasiliano spacciatore Damiani, attribuendogli una relazione con la figlia di Vassallo, dopo che il padre li avrebbe sorpresi mentre consumavano cocaina. Che sia una falsa pista lo dicono i pm che archiviano Damiani, e Giusy che nega davanti alle telecamere, con la stessa sincerità con cui invece rivela la relazione con Cagnazzo, anche lui indagato e poi archiviato”. Sul pentito De Simone dice: “Mi chiedo chi gestiva quel pentito. E se il pentito sia stato imbeccato“.

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