Patologia della connessione permanente

Ci risiamo. L’argomento più volte trattato in questi ultimi lustri, a cominciare dai saggi di Zygmunt Bauman sulla società liquida senza più radici identitarie, è quello di interpretare l’era della società digitale. Meglio ancora comprendere quale condizionamento quest’ultima abbia operato sulla scala dei valori morali degli individui, oltre che su quella dell’etica pubblica. Un velocissimo e repentino cambiamento ha determinato, negli ultimi anni, un traumatico ed inaspettato stravolgimento del modo di essere e di pensare della collettività. Le ricadute sono state tanto rapide quanto di vasta portata, capaci di disorientare, trasversalmente, buona parte delle categorie sociali, sovvertendo radicati convincimenti, abolendo remore e titubanze morali inveterate, fino ad introdurre nuove certezze in vasti campi dello scibile umano.

Un nuovo umanesimo ha visto la luce, spesso basato su certezze apodittiche e sul grado di presunzione dell’uomo che sovente crede di essere assurto a dominus della natura, a lode e gloria della sua potenza intellettuale e dei mezzi di cui esso ha saputo dotarsi nell’ultimo scorcio di questo secolo. In sintesi: un uomo senza più limiti che crede di poter essere il Dio di se stesso. Quali e quanti di questi cambiamenti saranno risultati veramente positivi è ancora presto per dirlo. La Storia, infatti, scrive contando i secoli, nel mentre gli uomini registrano la cronaca. Certo se, nel suo progressivo e frenetico divenire, l’uomo avrà come paradigma l’ambiente in cui vive, finirà, ben presto, per restare deluso. Il degrado ambientale, lo sfruttamento senza limiti delle ricchezze esistenti, l’inquinamento e il deterioramento dell’habitat terrestre, sono lì a rappresentare un modello parallelo di comparazione più che attendibile. La modificazione dei meccanismi ambientali oggi rappresenta la principale minaccia per la nostra salute.

L’infertilita galoppa, i vecchi capisaldi cognitivi vacillano, nuove scoperte indicano come le patologie più gravi siano indotte dai fattori inquinanti, decuplicano le catastrofi ambientali. E’ il prezzo che dobbiamo pagare a una modernità che ha scelto modelli di sviluppo e di vita improntati sulla velocità e non su di un’ordinata progressione, per aver sacrificato alla comodità e all’utilitarismo il valore della cultura e del buon senso, se non anche un modello tollerabile di civile convivenza. Tuttavia esiste ancora un altro pericolo che può andare oltre quelli innanzi indicati e, peggio ancora, li può riassumere: quello che l’uomo possa modificarsi biologicamente sotto la spinta delle molteplici ingerenze tossiche scaturenti da degrado ambientale. Ciascuno di noi è un fenotipo (struttura biologica, fisica, intellettiva, psichica) che è la risultante dell’integrazione del genotipo (materiale genetico di cui siamo peculiarmente dotati) con l’ambiente.

Ora, se nell’ambiente si allarga e si diffonde la quantità di inquinanti (e la loro tossicità tipologica), essa può arrivare a modificare finanche l’espressione dei nostri geni e con essi la nostra stessa struttura biologica. L’uomo si è adattato evolvendosi nei millenni, non potrà farlo fisiologicamente in lassi di tempo molto brevi. I cambiamenti e gli adattamenti, spinti dalla velocità, non saranno fisiologici ma necessariamente indotti, manipolati, artefatti attraverso l’uso della tecnologia disponibile. Tradotto: il nostro patrimonio genetico sarà plasmato e funzionale all’adattamento alle necessità e alle esigenze dei tempi nuovi. Un esempio: in un mondo ove l’infertilita distrugge i gameti maschili, i figli non si concepiranno più, ma si produrranno in provetta. Saranno quindi un artefatto, non una creazione naturale. La manipolazione degli embrioni e del codice genetico plasmerà creature con poteri e requisiti oggi non immaginabili.

Fantascienza? Nossignore: cruda e nuda estrapolazione di realtà scientifiche già operanti. Cambieranno modi di pensare e stili di vita. Bernard Stiegler, filosofo francese, ha esplorato i temi della tecnologia e di come questa arrivi a influenzare da sempre l’umanità. Oggi oltre tre miliardi di persone sulla Terra, sono quasi sempre connesse a un social. C’è chi si alza di notte per leggere le mail e molti dormono con lo smartphone accanto. Una vera e propria patologia indotta. Veniamo coinvolti da un fiume di notizie e di eventi. Tutto sarà controllato e veicolato verso gli adoratori dipendenti dalla tecnica, tutti avranno motivo di aver paura di ciò che il mondo ci vomita addosso: tragedie, catastrofi, guerre, fame, terrorismo. Ordinaria follia in un contesto in cui la connettività generalizzata produce sempre più coinvolgimento e panico.

E’ in atto un continuo condizionamento nel modo stesso di pensare e di agire degli esseri umani. Un costante diffondersi di stereotipi che elevano la menzogna a verità, manipolano coscienze trasformando l’allerta in paura. In questo mondo le opinioni sono piegate a un sentire comune non filtrato né ragionato. E quando con la maggiore velocità di cambiamento aumenterà anche la dipendenza dal mezzo e i guasti che questo produce in coloro che vivono in simbiosi con il mezzo stesso, gli effetti saranno imprevedibili. Un umanità che si conformerà negli stili di vita e di pensiero a quello che la macchina fornisce. In un contesto del genere cosa potrà fare da argine affinché l’opinione pubblica si formi sulla base di una verità ragionata, una conoscenza approfondita e consapevole oltre che sul buon senso? Reggeremo allo stress e alla paura, alle costanti e indotte manipolazioni nel regno delle macchine? Alzi la mano chi conosce la risposta…

*già parlamentare
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