Pd, Madia contro Delrio sulla nomina dei capogruppo: “È una cooptazione mascherata”

Una lettera di Marianna Madia ai colleghi deputati del Pd fa scoppiare un caso interno al partito sulla nomina del prossimo capogruppo alla Camera

Foto POOL/LaPresse 28 gennaio 2021 Roma, Italia Politica Quirinale - Secondo giorno di consultazioni con i leader del governo e dell'opposizione. Nella foto: delegazione del Partito Democratico - Graziano DelrioPhoto POOL/LaPresse January 28, 2021 Rome (Italy) Politics Quirinale palace - Second day of consultations with leaders of both government and opposition parties. In the pic: Partito Democratico - Graziano Delrio

MILANO – Una lettera di Marianna Madia ai colleghi deputati del Pd fa scoppiare un caso interno al partito sulla nomina del prossimo capogruppo alla Camera. Madia punta il dito contro il capogruppo uscente, Graziano Delrio, accusandolo di aver di fatto già indirizzato la scelta del successore. Poltrona per la quale sono in lizza la stessa Madia e Debora Serracchiani. Madia parla di ‘cooptazione’ e vecchie logiche di partito, rompendo di fatto la ‘pax lettiana’ che, almeno all’apparenza, regnava dall’insediamento del nuovo segretario.

La lettera di Madia

“La verità rende liberi. E parlarci con chiarezza – scrive Madia – senza bizantinismi, penso possa aiutare a riannodare il filo spezzato di una comunità democratica che è viva ed esigente con chi la rappresenta. Con Graziano Delrio, che ho sempre considerato persona di valore, ci legano anni di lavoro comune. È stato proprio lui, dopo aver accettato l’invito del nuovo segretario a fare un passo indietro, a chiedermi di mettermi in gioco con la mia candidatura insieme a quella della mia amica stimata Debora Serracchiani. Sceglieva una via diversa da quella presa al Senato dove il capogruppo uscente Marcucci ha invitato senatrici e senatori a sottoscrivere unitariamente la candidatura di Simona Malpezzi”.

Ma le cose, secondo Madia, non stanno così: “Quello che poteva essere un confronto sano – prosegue infatti – tra persone che si stimano si è subito trasformato in altro. Immediatamente si è ripiombati nel tradizionale gioco di accordi trasversali più o meno espliciti con il capogruppo uscente che, da arbitro di una competizione da lui proposta, si è fatto attivo promotore di una delle due candidate: una cooptazione mascherata”.

La risposta di Delrio

A stretto giro, sempre attraverso una lettera ai colleghi deputati, la risposta di Delrio: “Per me e Letta la competizione non era un problema. Non ho invitato nessuno a candidarsi e nessuno a non farlo perché sarebbe stato poco rispettoso della libertà. Ho espresso serenamente la mia opinione su cosa voterò a chi lo chiedeva. Non ho fatto trattative anche perché direi di aver già fatto la mia parte. E credo di non meritare accuse di manovre non trasparenti o di potere visto che a quel potere ho voluto rinunciare lasciando immediatamente il mio incarico. Certe parole mi feriscono oltremodo perché non corrispondono alla realtà”. E Serracchiani replica alla collega: “Non posso credere che Marianna intenda riferirsi a me come a una persona cooptabile e quindi, dovrei supporre, non autonoma. No, l’autonomia è stata la cifra della mia storia personale e politica. Confrontiamoci senza ipoteche e senza retropensieri”.

In serata, mentre si consumava lo strappo, Letta, incontrando in streaming i segretari fiorentini di circolo, ha puntualizzato che “la questione dei capigruppo è una questione nostra, punto. In Senato la scelta è stata fatta. Ora vediamo alla Camera”.

(LaPresse/di Claudio Maddaloni)

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