Birmania, bagno di sangue: oltre 100 manifestanti uccisi. L’Ue: la giornata del disonore

Sul bilancio di oltre 100 morti sono concordi diverse fonti (finora il bilancio peggiore risaliva al 14 marzo, quando erano stati registrati 74 morti)

Photo Mauro Scrobogna /LaPresse

YANGON – Bagno di sangue in Birmania. Con oltre 100 manifestanti uccisi, sabato è il giorno in cui la repressione delle proteste ha fatto registrare più morti dal golpe del 1° febbraio. In cui l’esercito ha destituito il governo democraticamente eletto e guidato da Aung San Suu Kyi (che è agli arresti da allora). Fra le vittime ci sono anche bambini, uno di 5 anni e una di 13, secondo i media locali. “Questa 76esima Giornata delle forze armate del Myanmar resterà scolpita come giornata di terrore e disonore” – è la condanna della delegazione dell’Unione europea in Birmania – “Le uccisioni di civili disarmati, compresi bambini, sono atti indifendibili”.

Bagno di sangue

Lo spargimento di sangue è giunto nella giornata annuale che celebra l’esercito della Birmania. In vista delle proteste, il venerdì sera la tv di Stato MRTV aveva lanciato una minaccia ai giovani, in prima linea nelle contestazioni. Avvertendoli del rischio di ricevere spari alla testa o alla schiena, come già avvenuto a molti uccisi durante le manifestazioni. Il capo della giunta militare, il generale Min Aung Hlaing, parlando alla parata nella capitale Naypyitaw non ha fatto riferimento diretto al movimento di protesta. Ma ha parlato di “terrorismo che può essere dannoso per la tranquillità dello Stato e la sicurezza sociale” e lo ha definito inaccettabile.

Il bilancio

Sul bilancio di oltre 100 morti sono concordi diverse fonti (finora il bilancio peggiore risaliva al 14 marzo, quando erano stati registrati 74 morti). Il sito d’informazione Myanmar Now riferisce di 114 morti. E parla di 107 morti in oltre 24 città un ricercatore indipendente a Yangon, che mantiene l’anonimato per la sua sicurezza. Effettua un conteggio delle vittime della repressione delle proteste in tempo reale e il suo conteggio in genere coincide con quelli diffusi a fine giornata dall’Associazione di assistenza per i prigionieri politici, che documenta morti e arresti e viene considerata la fonte più autorevole. Fino a venerdì l’Associazione per i prigionieri politici aveva verificato un bilancio complessivo di 328 persone uccise dal golpe in poi.

Negli ultimi giorni la giunta militare ha ritratto i manifestanti come i responsabili di violenze con l’uso di Molotov; le forze di sicurezza, però, da settimane usano proiettili veri contro manifestanti disarmati e pacifici.

(LaPresse/AP)

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