Pecoraro Scanio: più verde in Europa

NAPOLI (Domenico Letizia*) – Nella città polacca di Katowice si è svolta la Cop24, la conferenza globale sul cambiamento climatico. Fino al 14 dicembre, 30mila esperti e operatori del settore ambientale ed energetico si sono confrontati sulle politiche per ridurre le emissioni inquinanti e arginare il riscaldamento globale, proposte ratificate da 195 Paesi nella conferenza Cop21 di Parigi del 2015. Clima e diplomazia sono le priorità delle agende transnazionali. E l’Italia? Il protagonismo dell’Italia può divenire realmente incisivo grazie alla recente proposta del già ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione UniVerde, in sostegno della candidatura dell’Italia come Paese ospitante la Cop26 nel 2020.  La proposta di Pecoraro Scanio è diretta al Governo, promossa grazie ad una campagna di raccolta firme che, in pochi giorni, ha visto l’adesione di oltre 100.000 cittadini sulla piattaforma digitale “Change.org”. Un successo, ufficializzato dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, a Katowice, con la candidatura del nostro Paese ad ospitare la conferenza per il clima per il 2020. Su questi temi intervistiamo, in esclusiva per Cronache, il presidente della Fondazione UniVerde ed ex ministro.

La Fondazione promuove da oltre dieci anni la diffusione della cultura ecologista attraverso campagne e iniziative di attivismo civico. Possiamo approfondirne la storia e l’attualità?

La Fondazione nasce nel 2008, insieme al magistrato ambientalista Gianfranco Amendolae ad altre personalità legate alla difesa dell’ambiente, per proteggere le conquiste ottenute nel corso di anni sul rilancio delle energie rinnovabili, la tutela dei parchi e delle aree naturali e lavorando alla realizzazione di rapporti e studi. Dalla mia firma, nel 2007, del “Conto Energia”, siamo riusciti ad avere sulla nostra Penisola quasi un milione di impianti solari e divenire, nonostante l’ostilità dei successivi governi, un paese leader nella produzione di energia solare. Continuiamo a difendere le aree naturali e protette del nostro paese, nonostante i tagli di vari governi, grazie al concorso “Obiettivo Terra”, in collaborazione con la Società Geografica Italiana. Altra iniziativa della nostra Fondazione è la campagna “Mediterraneo da remare”, in collaborazione con Marevivo e con l’adesione della Guardia Costiera, per sensibilizzare, tra l’altro, al contrasto della dispersione di plastiche in mare. Tra le varie iniziative voglio ricordare la campagna annuale “Green Pride” che punta alla promozione e conoscenza di azioni positive per l’ambiente, selezione e diffusione di iniziative virtuose italiane legate all’economia circolare e green economy, promuovendo l’innovazione.

Ufficializzata la candidatura del nostro Paese ad ospitare la conferenza per il clima nel 2020. L’Italia potrebbe divenire un paese protagonista di una nuova visione ecologica e ambientale?

L’Italia può e deve tornare protagonista. Quando nel 2006 divenni ministro dell’Ambiente, ottenendo la collaborazione, tra gli altri, di Carlo Rubbia e Jeremy Rifkin, siamo passati da una posizione di freno sulla lotta ai cambiamenti climatici ad un atteggiamento virtuoso nella tutela ambientale. Inoltre, in Europa, fui protagonista, con il ministro dell’ambiente tedesco Sigmar Gabriel, della prima strategia europea contro i cambiamenti climatici “20-20-20”. Ricordo la Conferenza nazionale sul cambiamento climatico del settembre 2007 e l’elaborazione di 13 punti essenziali per l’ambiente. Dopo più di dieci anni dobbiamo riprendere quel protagonismo e le premesse sembrano esservi grazie alla sottoscrizione da parte del Ministro Costa, e di altre personalità della politica europea, di un documento che prevede un’azione politica più coraggiosa per la diminuzione della CO2. Il Movimento 5 Stelle, nonostante le difficoltà e l’alleanza con la Lega, che non è una formazione ambientalista, spero riesca a far prevalere con forza elementi ambientalisti e la candidatura dell’Italia alla Cop del 2020 rappresenta la giusta direzione.

Veniamo alle prossime politiche europee. Il successo dei Verdi in Germania e il fiorire di movimenti ecologisti in tutta Europa sta innescando meccanismi di protagonismo anche tra gli storici esponenti dell’ecologismo della nostra penisola. Condivide l’idea di liste ecologiste e liberali per le prossime europee? Che prospettive ha l’ecologismo come forza politica nel nostro paese?

Siamo stati l’unico “partito” verde del sud dell’Europa ad andare al governo del paese per ben due volte e ad incidere sull’agenda politica. L’Italia non nucleare e non Ogm si deve a noi, così come le leggi su parchi ed energie rinnovabili. Successivamente abbiamo assistito alla fine di una stagione e oggi credo che vadano sostenute le varie esperienze ecologiste, ma con la consapevolezza che alcune formazioni politiche come prima “Sel” e oggi “Liberi e Uguali”hanno recepito una parte di quella esperienza e ribadendo che il Movimento 5 stelle nasce con una forte vocazione ecologista che va valorizzata anche tra mille difficoltà. Del resto anche Beppe Grillo venne per la prima volta alla Camera dei deputati, nel 2003, su mio invito per sostenere il referendum contro l’elettrosmog e nel 2004 aiutò con un suo cortometraggio la campagna alle europee dei Verdi. Detto ciò, ben vengano tutte le esperienze ecologiste ma spero che tale visione resti una priorità anche nei 5 stelle, un movimento che è riuscito a divenire forza di governo e raggiungere risultati elettorali mai avuti da alcun partito “verde” al mondo. In Italia è importante lavorare per costruire una cultura ecologista, ed è positivo che aumentino le esperienze di questo genere, ma occorre fare attenzione alle esperienze che nascono solo in occasione delle elezioni, poiché spesso si rivelano poco incisive. Alcune azioni del governo hanno un mio giudizio critico, ma confido nell’opera del ministro Costa che proviene da una tradizione ed un’esperienza di tutela dell’ambiente di grande qualità.

Lei ha recentemente sostenuto l’importanza di una nuova campagna per tutelare salute e biodiversità naturale, agricola e culturale. La vera sfida per un’Europa al servizio di cittadini e dell’ambiente e non delle multinazionali e delle tecnocrazie. Che aspettarsi nell’immediato futuro?

Esempio concreto è la campagna #Stopciboanonimo, promossa con il Comitato scientifico di Campagna Amica e Roberto Moncalvo, già presidente della Coldiretti, per la proposta di legge europea di iniziativa popolare (Ice) che chiede l’etichettatura dei prodotti agro-alimentari. Attualmente, le maggiori preoccupazioni sono determinate dalla difficoltà di rintracciare rapidamente i prodotti a rischio per toglierli dal commercio con un calo di fiducia che provoca il taglio generalizzato dei consumi che spesso ha messo in difficoltà, ingiustamente, interi comparti economici, con la perdita di posti di lavoro. Il nostro obiettivo è quello di ottenere dalla Commissione e dal Parlamento Europeo una vera conoscenza di tutto ciò che mangiamo con un’etichetta che garantisca anche gli agricoltori che generano prodotti di qualità. Una campagna, ovviamente, molto osteggiata da multinazionali che preferiscono comprare prodotti su mercati più competitivi, senza valutare la qualità degli alimenti e le condizioni dei lavoratori del settore. Questa campagna, promossa in Italia dalla Fondazione UniVerde, Coldiretti e Fondazione Campagna Amica, ha riscontrato un’adesione europea.

Durante il lancio della campagna in Italia, svoltasi ad ottobre presso il Mercato degli Agricoltori del Circo Massimo, hanno aderito i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, il ministro delle Politiche agricole e del Turismo Gian Marco Centinaio, Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, e Loredana De Petris deputata di “Liberi e uguali”. La nostra sarà una campagna di pressione in occasione delle prossime europee e renderemo noti tutti i nomi dei candidati, alle elezioni europee per 27 paesi.

Che prospettive possiamo intraprendere nell’immediato futuro per la valorizzazione dell’acqua, non solo come bene, ma anche come risorsa?

Ho sempre avuto una particolare attenzione all’acqua. Il mio primo atto fu cambiare il nome del ministero dell’Ambiente aggiungendo anche “del “mare”. Spesso dimentichiamo di essere un paese legato al mare con 7500 chilometri di coste e abbiamo il dovere di tutelare tale patrimonio. Sul versante acque dolci ricordo la grande battaglia acqua bene comune e l’impegno della Fondazione per il diritto all’acqua durante il referendum del 2011. Credo che tutto ciò che si possa fare con la costituzione di musei e coordinamenti legati all’acqua, iniziative, valorizzazione di elementi culturali e una nuova educazione all’acqua, sia importante e vada sostenuto.

Insieme alla Fondazione ha svolto un lavoro immenso per la promozione e la conoscenza dell’Arte del Pizzaiolo Napoletano in tutto il mondo. Tale patrimonio culturale immateriale è stato riconosciuto dall’Unesco.  Che prospettive ci sono per la promozione delle nostre eccellenze culinarie dopo questo riconoscimento?  

Credo che questa vittoria sia emblematica, un tema che seguo dai tempi del mio lavoro al ministero dell’Agricoltura, quando il direttore dell’Ice di allora mi disse che negli Usa gli avevano chiesto “How do you say in italian Pizza”? . La presenza delle grandi multinazionali legate alla vendita della pizza ha diffuso anche in altre parti del mondo la convinzione che si tratti di un prodotto americano. Iniziai, quindi, già allora a difendere l’italianità del piatto, facendo comprendere le qualità della vera pizza e nel 2003, quando è nata la lista dei beni immateriali dell’Unesco, proposi anche l’arte del pizzaiolo napoletano come patrimonio immateriale dell’Unesco. Fino al 2014 il dossier rimase sostanzialmente fermo, successivamente, durante il Napoli Pizza Village, decisi di lanciare la petizione anche con il sostegno di Jimmy Ghione come testimonial. Si creò una mobilitazione incredibile con oltre due milioni di firme da tutto il mondo, dal solo Giappone arrivarono 200.000 firme, e abbiamo vinto anche questa vertenza. Va considerato che, dopo il riconoscimento Unesco, numerosi paesi arabi e centroasiatici chiedono pizzaioli napoletani per i ristoranti e per le strutture ricettive incentivando anche l’occupazione dei giovani meridionali.

* Analista geopolitico. Presidente dell’Istituto di Ricerca di Economia e Politica Internazionale (Irepi

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