Pernigotti, fumata nera al Mise: l’incontro slitta di un mese

Il confronto per decidere le sorti del sito piemontese è previsto per il 5 febbraio

Foto Vincenzo Livieri - LaPresse

ROMA – Slitta di un mese il termine per la richiesta di Cigs per i 100 dipendenti dello stabilimento Pernigotti di Novi Ligure. Lo spiega l’azienda in una nota. Precisando che è proseguito oggi presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali a Roma il confronto tra Istituzioni, Organizzazioni Sindacali e Società. Durante il quale si è discusso nuovamente della richiesta di ammissione alla procedura di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria presentata il 7 novembre 2018.

Pernigotti, ancora in attesa del confronto

L’azienda ha ribadito nuovamente il proprio impegno a limitare quanto più possibile l’impatto sociale e a ricercare, in Italia, concrete possibilità di re-industrializzazione del sito di Novi Ligure attraverso il supporto dell’advisor nominato lo scorso dicembre.

L’incontro è previsto il 5 febbraio

Pertanto le Parti hanno accolto l’invito del Governo di posticipare nuovamente il termine relativo alla richiesta di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria. Questo per dare la possibilità all’advisor incaricato di valutare concretamente le proposte finora pervenute. Le parti torneranno, quindi, ad incontrarsi martedì 5 febbraio alle 12 per riprendere l’esame congiunto finalizzato alla stipula dell’accordo governativo per il ricorso alla Cigs.

La regione Piemonte pretende risposte

Si è concluso con un ennesimo rinvio il tavolo al Ministero del Lavoro sulla Pernigotti di Novi Ligure. “In attesa che l’advisor nominato dall’azienda – dichiara l’assessora al Lavoro Gianna Pentenerodefinisca un quadro più preciso sulle ipotesi di reindustrializzazione del sito piemontese, si è deciso di aggiornare l’incontro a martedì 5 febbraio”.

“L’esito della riunione di oggi – aggiunge Pentenero – non è quello sperato, anche perché la proprietà ha continuato a chiudere all’ipotesi di cessione del marchio. Mi auguro che l’azienda riveda la propria posizione e che il metodo di lavoro tracciato oggi possa consentire di dare risposta alla necessità di garantire la continuità produttiva dello storico impianto di Novi e la tutela dei posti di lavoro”.

(Lapresse)

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