Pil, Istat: nel 2022 a 2,8%, in prossimi mesi elevati rischi a ribasso

Il Pil dell'Italia crescerà nel prossimo biennio anche se subirà un rallentamento rispetto al 2021.

TORINO – Il Pil dell’Italia crescerà nel prossimo biennio anche se subirà un rallentamento rispetto al 2021. L’Istat nelle sue prospettive per l’economia del nostro Paese 2022-2023, rivede al ribasso di circa due punti percentuali le stime diffuse lo scorso dicembre: nel 2022 il Prodotto interno lordo arriverà al 2,8% dal 4,7%. L’anno successivo si attesterà invece all’1,9%.

L’aumento del Pil, viene sottolineato, sarà determinato prevalentemente dal contributo della domanda interna al netto delle scorte (rispettivamente +3,2 e +1,9 punti percentuali) mentre la domanda estera netta fornirebbe un apporto negativo nel 2022 (-0,4 punti percentuali) a cui seguirebbe un contributo nullo nel 2023.

Ad assicurare un “deciso sostegno” alla crescita saranno gli investimenti “con una intensità più sostenuta” quest’anno al +8,8% rispetto al 2023 al +4,2%. Più contenuto invece il miglioramento dei consumi delle famiglie residenti e delle Isp a +2,3% e +1,6%. “Le prospettive per i prossimi mesi – viene evidenziato – sono caratterizzate da elevati rischi al ribasso quali ulteriori incrementi nel sistema dei prezzi, una flessione del commercio internazionale e l’aumento dei tassi di interesse. Anche le aspettative di famiglie e imprese potrebbero subire un significativo peggioramento”.

Per quanto riguarda la crescita dell’inflazione, ci si attende che prosegua “nei prossimi mesi per poi attenuarsi, anche se con tempi e intensità ancora incerti”. Si prevede che la crescita dei prezzi dei beni energetici contribuisca a un deciso aumento del deflatore della spesa delle famiglie residenti quest’anno al +5,8%, i cui effetti dovrebbero attenuarsi nel 2023 al +2,6%. “Abbiamo un intreccio di concause preoccupanti che – sottolinea Cristina Freguja, responsabile statistiche sociali e welfare dell’Istat – faranno agire la Banca centrale nella direzione di controllare l’inflazione con una revisione dei tassi di interesse e questo in un Paese come il nostro, a forte indebitamento, produrrà degli effetti, ci colpirà in maniera più intensa. Gli interventi di bilancio che dovranno essere fatti dal governo dovranno essere ben calibrati per aumentare l’efficacia e contenere il costo”.

L’occupazione sarà in linea con il miglioramento dell’attività economica con un aumento più accentuato nel 2022 al +2,5% rispetto al 2023 al +1,6%. Il suo progressivo aumento è destinato a riflettersi sul tasso di disoccupazione che scenderebbe sensibilmente quest’anno all’8,4% e, in misura più contenuta, nel 2023 all’8,2%.

Inoltre, l’Istituto di statistica segnala l’inflazione misurata dall’Ipca al netto della dinamica dei prezzi dei beni energetici importati, riferimento per i rinnovi contrattuali. La previsione è del +4,7% per il 2022, del +2,6% per il 2023 e del +1,7% per il 2024 e 2025. “Nell’attuale fase di crescita esponenziale dei prezzi dei beni energetici – rileva l’Istituto -, la stima della elasticità di risposta dei prezzi al consumo dei prodotti energetici presenti significative difficoltà di interpretazione utilizzando sia il vecchio sia il nuovo indicatore di riferimento” ma è comunque necessario un ulteriore confronto con le parti sociali per una revisione concordata della metodologia. Per il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, le previsioni “forniscono un parametro per i rinnovi contrattuali ancora solo parzialmente coerente con il reale andamento dell’inflazione”.

LaPresse

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