Pnrr, Draghi: “Nessun ritardo”. Meloni si prepara: “Ereditiamo situazione difficile”

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Giorgia Meloni, sullo schermo Mario Draghi

“Non ci sono ritardi nell’attuazione del Pnrr: se ce ne fossero, la Commissione non verserebbe i soldi”. Il giorno nel quale Mario Draghi suonerà la campanella e lascerà palazzo Chigi si avvicina e il premier intende lasciare a chi verrà un messaggio chiaro: sin qui, l’Italia ha fatto i compiti a casa. L’ex numero uno della Bce lo dice chiaro ai ministri, convocati a Palazzo Chigi per la cabina di regia nella quale illustra la relazione sullo stato di attuazione del piano: nel primo semestre del 2022, “l’Italia ha raggiunto ancora una volta tutti gli obiettivi del Pnrr, come ha accertato la Commissione Europea la scorsa settimana”, chiarisce. Ecco perché l’Italia potrà ricevere altri 21 miliardi di euro, dopo i 45,9 miliardi ricevuti negli scorsi mesi. Per quanto riguarda il secondo semestre, sottolinea poi, l’attuazione “procede più velocemente dei nostri cronoprogrammi originari”. Giorgia Meloni, però, non la pensa così.

“Ereditiamo una situazione difficile: i ritardi del Pnrr sono evidenti e difficili da recuperare”, dice più o meno negli stessi minuti la leader FdI riunendo l’esecutivo nazionale del partito a via della Scrofa. La presidente del Consiglio in pectore avverte i suoi: “Ci troviamo di fronte alla fase forse più difficile della storia della repubblica italiana”, scandisce, e la situazione su progetti e cantieri del Pnrr non aiuterà: “Siamo consapevoli che sarà una mancanza che non dipende da noi ma che a noi verrà attribuita anche da chi l’ha determinata”, attacca.

A Palazzo Chigi non intendono aprire una dialettica sul tema. “Non c’è nessun ritardo, se mai siamo più avanti rispetto a quanto programmato”, è la linea, che rimanda alla “fotografia dei numeri” fatta da Draghi in cabina di regia: “Lo stato delle cose è specchiato”. Il premier riconosce come le elezioni e l’imminente cambio di governo abbiano richiesto “uno sforzo supplementare, per fare in modo che il nuovo esecutivo – qualunque esso sia – possa ripartire da una posizione il più avanzata possibile”, ma ad oggi, mette a verbale, “sono già stati conseguiti 21 dei 55 obiettivi e traguardi previsti per la fine dell’anno, e ci aspettiamo di raggiungerne 29 entro la fine del mese”.

Il presidente del Consiglio invita poi i ministri a sottolineare, quando ci sarà il passaggio di consegne, l’importanza del lavoro di squadra fatto, sia all’interno del Governo che con gli enti locali. Il Pnrr, è convinto Draghi, è patrimonio di tutti e “la sua piena attuazione è fondamentale per la nostra credibilità, verso i cittadini e i partner internazionali”. E se il premier si dice “certo” che il prossimo governo continuerà il lavoro di attuazione “con la stessa forza ed efficacia”, chi lavora al suo fianco non fa a meno di notare come le parole di Meloni rappresentino un primo andare contro l’esecutivo in carica da quando si sono svolte le elezioni.

Non solo. A Palazzo Chigi non è passata inosservata nemmeno la frase che la leader FdI avrebbe consegnato ai suoi sul Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre. Meloni non ci sarà sì per un problema di tempi ma anche, queste le sue parole, visto che “il dossier è stato curato da altri e la riunione alla fine rischia di essere un fallimento”. Poco dopo, viene fatto notare, è arrivata la lettera di Ursula von del Leyen ai paesi Ue sulla possibilità di “considerare un tetto al prezzo in relazione al Ttf” in modo da continuare a garantire la fornitura di gas all’Europa e a tutti gli Stati membri. Da parte di Palazzo Chigi filtra “soddisfazione” per questa lettera anche se resta la “dovuta cautela in attesa degli sviluppi” del consiglio europeo informale che si aprirà domani a Praga.

Dal quartier generale di Meloni, tuttavia, negano qualsiasi cambio di atteggiamento. “Non c’è nessuna disputa, Giorgia ha ripetuto quanto dice sempre. Già nella conferenza programmatica di primavera aveva detto che il Pnrr che va modificato”. I conti in casa FdI sono presto fatti: “Al 31 dicembre 2021 sono stati spesi 5 miliardi sui 15 che dovevamo spendere: un terzo, e questo lo ha detto il ministro Franco di fronte alle commissioni Bilancio di Camera e Senato”.

Poi, viene fatto notare, il piano sconta il fatto di essere stato “immaginato e deciso prima dello scoppio della guerra in Ucraina: non affronta la crisi in termini di investimenti per famiglie e imprese e non tiene conto dell’aumento del costo delle materie prime: parliamo del 30% in più. Il Governo dice che ha stanziato 7 miliardi ma il budget necessario è almeno sei volte superiore”.

La linea di Meloni e di chi segue più direttamente il dossier, quindi, non cambia: “Con tutto il rispetto per Draghi e il suo Governo, qui si tratta di capire qual è il reale stato dell’arte”. I milestone di questa prima fase “sono carte che camminano, quelli che verranno sono soldi da spendere e sarà diverso. Non siamo matti, vogliamo confrontarci con la commissione. Non è tutto perfetto come ce lo raccontano, dobbiamo verificare tutto prima di partire perché se scopriamo gli ostacoli tra sei mesi-un anno poi la colpa è nostra”.(LaPresse)

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