Pnrr, la musica non cambia: al Sud solo le briciole

di Raffaele Carotenuto

Ubi nullum gustum perdenza. Purtroppo il Sud ha introiettato questo saggio latinismo; sa che gli viene fatto del male ma non reagisce, non scalpita, quasi gli sta bene. Quindi non si sente nemmeno più perdente. Una sorta di arrendevole “autoplagio”. Ogni anno, per chi vuole addentrarsi in questo insulso esercizio, l’Agenzia per la Coesione Territoriale ci rende edotti dei dati delle risorse pubbliche ripartite per Regioni. Ebbene anche quest’anno la musica non cambia, la distribuzione di oltre mille miliardi di euro viene così divisa: Centro, 20.247 euro pro-capite – Nord, 18.729 euro pro-capite – Sud, 14.327 euro pro- capite. Si calcola che negli ultimi dieci anni l’ammanco nei confronti del Meridione equivarrebbe a circa 1 miliardo di euro. Lo Stato eroga finanziamenti per dieci anni al Nord e al Centro, e al Sud per un anno in meno (nove). E’ tutto qui lo svantaggio per chi nasce in queste amate, maledette terre.

Con questa logica non promette bene per niente il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che ripeterà pedissequamente questa logica di riparto, altro che equità territoriale. Anche qui si sceglie di avvicinare il centro-nord all’Europa e comprimendo l’area del cosiddetto euromediterraneo, dove verrà schiacciato il Sud con il suo mare, i suoi porti, le sue rotte balneari, le sue eccellenze economiche. Tutto ridotto ad un’area localistica. Non è più, quindi, un problema di equità territoriale tra Nord e Sud, ma di una più complessa strategie geopolitica ed economica che dovrà creare nuovi Nord e vecchi Sud. Ci aspetta un massacro sociale, una ulteriore riduzione dei diritti di cittadinanza, poiché non si recupereranno i ritardi strutturali. Ma anche continuare solo ad urlare, senza mantenere alta l’attenzione, lasciando passare inosservati princìpi dannosi che condanneranno a vita circa 20 milioni di italiani, non ci farà certo bene.

Sicuro ci rimarrà il debito pubblico, ormai a livelli stratosferici, e la restituzione dei soldi all’Europa, elementi che, questa volta, verranno prelevati equamente su tutto il territorio nazionale. Forse. E’ abbastanza credibile che il programma infrastrutturale inteso nel PNRR crei un iniziale ed episodico shock, per poi addensarsi successivamente, impattando con burocrazia, lassismo amministrativo e deresponsabilizzazione pubblica. Lasciando grandi opere incompiute e deserti economici. Ma un altro destino, ancora più beffardo, potrà stringere alla gola il Sud: l’intervento privato nell’economia pubblica. Alle opere pubbliche effettuate si noterà tutta l’insufficienza dello Stato e si ripiegherà sulla entrata in gioco dei grandi gruppi finanziari per la gestione delle stesse, nella migliore delle ipotesi, se non addirittura la privatizzazione per “tentare” di ridurre il debito pubblico. Intendo proprio questo per massacro sociale, altri giri di parole non servono. È l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno, e ancor meno di attese che trovano solo conferma di un’Italia che non va e di un Sud che non c’è e sempre più terra di soprusi.

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