Qualità dell’aria, Italia maglia nera

NAPOLI – La qualità dell’aria all’interno degli appartamenti può essere addirittura peggiore di quella all’esterno. Si tratta dei risultati a cui sono arrivati i ricercatori di uno studio promosso da Dyson e basato proprio sulle informazioni relative alla qualità dell’aria registrate da oltre 2,5 milioni di purificatori dell’azienda. Dati che sono stati raccolti tra il 2022 e il 2023. L’Italia figura tra i paesi esaminati e non si è certo distinta come un modello virtuoso. I livelli medi di pm2,5 registrati “indoor”, quindi all’interno delle abitazioni, sono stati superiori a quelli “outdoor” (all’esterno, nda) per circa sei mesi. Solo paesi come la Cina, l’Australia, la Francia, l’Austria, il Canada e la Spagna hanno fatto peggio dello Stivale. Nelle abitazioni di questi paesi, in ogni singolo mese dell’anno è stata registrata una qualità dell’aria indoor peggiore di quella outdoor.
Quando parliamo di pm2,5, ci riferiamo al “particolare materiato”, particulate matter in inglese, ovvero a quell’insieme di particelle atmosferiche solide e liquide sospese in aria il cui diametro è inferiore o uguale ai 2,5 micron dove 1 micron corrisponde a un millesimo di millimetro. Questo particolato viene emesso dalle stesse sorgenti delle pm10, il particolare materiato di diametro più ampio: industrie, riscaldamento, traffico veicolare e processi di combustione in generale. Il Pm2,5 è persino più pericoloso perché essendo di dimensioni più ridotte può penetrare all’interno dell’organismo umano ancora più a fondo.
Secondo quanto riportato dal Ministero dell’Ambiente “le particelle fini possono attraversare la barriera alveolare, passare nel circolo sanguigno ed essere assorbite dai tessuti. Più vulnerabili ai rischi connessi all’esposizione a inquinanti atmosferici, sono i soggetti con patologie cardiache o polmonari, i bambini e gli anziani. Nei soggetti con patologie cardiache, cardiovascolari o polmonari l’inalazione del particolato è associata a un incremento di morbilità – riacutizzazione di sintomatologia preesistente – e mortalità cardiorespiratoria. Per i bambini l’aumento del rischio è dovuto a diversi motivi: un apparato respiratorio e un sistema immunitario non ancora completamente sviluppati, livelli di attività fisica più elevati, maggiore frequenza respiratoria che li espone all’inalazione di una maggiore quantità d’inquinanti in proporzione al peso corporeo. Ciò comporta un incremento d’incidenza di sintomi respiratori acuti di crisi asmatiche, e nel tempo una riduzione della funzione polmonare. Recenti studi inoltre hanno associato l’esposizione a lungo termine al particolato con l’aumentato rischio di parto pre-termine e il basso peso dei neonati alla nascita”.
Si capisce dunque bene quale sono i rischi che scaturiscono da una cattiva qualità dell’aria. Stando a quanto registrato dai ricercatori commissionati da Dyson il nostro Paese è tra i primi 10 al mondo per livello medio annuo di Pm2,5 e piazza anche una delle sue città, ovvero Milano, tra le più inquinate al mondo. La cattività qualità dell’aria è comunque un fenomeno che riguarda tutte le grandi aree metropolitane italiane. In Campania, per esempio, la conurbazione urbana che unisce l’hinterland napoletano al territorio casertano e aversano è caratterizzata da concentrazioni di pm2,5 e pm10 altissime e molto preoccupanti. Ogni anno, infatti, la soglia limite di 35 sforamenti viene ampiamente superata e questo desta molta preoccupazione. Si tratta infatti di un territorio che negli ultimi decenni ha pagato un prezzo altissimo in termini di indici di mortalità e morbosità a causa dell’inquinamento e dei reati ambientali. I comuni dove vengono registrati il maggior numero di sforamenti sono Pomigliano D’Arco, San Vitaliano, Volla, Acerra, Aversa, Teverola e Marcianise.
Temi e questioni che sono in cima all’agenda del dibattito pubblico e politico da anni. Nonostante questo, tuttavia, non si vedono ancora quei cambiamenti necessari per porre un argine a tali fenomeni. Gli appelli arrivano persino dagli organismi istituzionali mondiali.
“La questione ambientale non è più rinviabile: se non si affrontano subito emergenza climatica, collasso della biodiversità e inquinamento dilagante, i diritti di bambini e ragazzi saranno a rischio. Oggi e soprattutto domani. L’obiettivo di tutti gli Stati deve essere arrivare a emissioni zero entro il 2050”. Questo è il messaggio fondamentale contenuto nel Commento generale n. 26 del Comitato Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, commento che nasce tra l’altro dall’impegno speso dai minorenni nel portare l’attenzione pubblica sulla crisi ambientale.
L’urgenza di intervenire è stata richiamata grazie alla pubblicazione sui siti dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza e dell’Unicef Italia della traduzione del Commento n. 26 “Sui diritti delle persone minorenni e l’ambiente, con particolare attenzione al cambiamento climatico”.
“Tutti i bambini e i ragazzi hanno diritto a vivere in un ambiente sano e sostenibile”, sottolinea l’Autorità garante Carla Garlatti. “Si tratta di un principio implicitamente contenuto nella Convenzione di New York del 1989 e collegato a tanti altri diritti fondamentali: alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo, al più elevato standard di salute possibile, a un adeguato tenore di vita e all’istruzione”.
“Il degrado ambientale – prosegue Garlatti – rappresenta una forma strutturale di violenza contro i minorenni: può portare al collasso sociale delle famiglie e della comunità. E’ quanto mai urgente, quindi, che venga introdotta una valutazione dell’impatto che le politiche ambientali producono sui diritti delle persone di minore età. Anche perché scelte che oggi possono sembrare innocue, domani possono rivelarsi nefaste. Deve trattarsi inoltre di un approccio intergenerazionale, con l’impegno da parte delle istituzioni non solo ad ascoltare i minorenni bensì a promuoverne la partecipazione attiva, tenendo conto delle loro opinioni”.

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