Quel che resta del giorno

Vincenzo D'Anna, già parlamentare

La luce del tramonto rende dorate le immagini che si osservano, a maggior ragione quella che illumina il crepuscolo dell’umana esistenza. Cinge di colori intensi i ricordi e le esperienze di una vita intera, disvelandone i significati nascosti, “ripulendola” dalla luce forte e vivida degli anni precedenti, allorquando la frenesia dell’avere e dell’apparire soverchiavano quella dell’essere. Questa diversa proiezione della luce è stato un po’ il punto cardine dell’arte pittorica “en plein air” degli impressionisti francesi, i quali raccontavano passioni e sentimenti sopiti, ritenuti superflui se non addirittura fatui, nella mente e nel cuore degli uomini. Con essi è nata una diversa rappresentazione del mondo agli occhi di chi lo guarda non avendo più molto tempo per osservarlo. Ma questa è l’epoca della velocità e della superficialità che sconta la mancanza di un pensiero profondo e riflessivo sulla società e sui meccanismi che la governano, dei principii che connotano l’agire dell’animale sociale e politico che ci possiede. Solo chi è abbastanza in là con gli anni può apprezzare la differenza tra i valori e le speranze che hanno animato il vecchio mondo rispetto a quelli che si sono radicati ed affermati, via via, in quello moderno. Quando cambiano finanche i punti di riferimento e le certezze morali ed etiche, insieme alla semantica stessa, diventa difficile adattarsi e quasi impossibile tramandare qualcosa ai posteri. Se la cultura ed i saperi diventano orpelli inutili, ingombri esistenziali per un’umanità fatta ormai di individui soli, accomunati dall’uso dei sistemi telematici, aggrappati alle potenzialità della tecnologia e dei suoi mille strumenti disponibili, l’incomunicabilità non può che regnare sovrana. Si arriva al paradosso di elevare al rango di “amici” e di “conoscenti” anche un semplice contatto elettronico presente sui social con questi ultimi che si trasformano, addirittura, nel nuovo Agorà della specie umana. Da qui la cesura tra i vecchi e giovani che si fa sempre più profonda, anche nella mentalità e nell’agire tanto diversi tra loro quanto non più comparabili. C’è da chiedersi allora perché mai il mondo si sia piegato ad un umanesimo così cinico e diverso rispetto al passato e perché il filo conduttore della storia umana sia stato reciso. Elucubrazioni senili? Non credo! Fin dal primo libro della storia, l’Anabasi, la civiltà si è accresciuta per aver saputo tramandare idee, sapienza ed esperienza alle future generazioni, in un segno di continuità e di contiguità. Se ora nessuno scrive più nuove pagine di quel libro e quelle di un tempo non sono più note, è perché ci si è illusi di poter sostituire la conoscenza universale con l’ausilio salvifico ed auto-sufficiente della tecnologia e della scienza. Non c’è chi non veda quanto grande sia il disinteresse delle odierne generazioni per il bene comune e per gli strumenti utilizzati in passato per costruirlo. Avvitato intorno al soddisfacimento autarchico dei bisogni personali, veri o superflui che essi siano, il sistema si è radicalmente cambiato. Chi volete che si interessi più della politica e della solidarietà basata sui valori laici e/o religiosi? Che senso e che capo possono avere parole fondanti nel sociale come “Diritti, Libertà, Comunità, Doveri” verso gli altri? E senza queste basi quale può mai essere il pregio di un nuovo patto sociale per la civile e pacifica convivenza tra gli esseri umani? Saltiamo ogni giorno da un’emozione, da una novità, all’altra, spacciando la quotidianità con l’esistenza. Una società sempre più opulenta ed egoista chiede sicurezza ad oltranza a scapito dei diritti in capo alle singole persone. Ci sentiamo minacciati ed infastiditi da coloro che vivono ai margini (se non lontani) di una vita decorosa e dignitosa. L’idiozia, nel senso etimologico del termine di “isolamento”, prospera e tutto ciò che disturba l’illusione di un progressivo benessere senza confini temporali, diventa una minaccia da scongiurare oppure da ignorare. Io non sono Max Weber né un filosofo esistenzialista per poter aggiungere qualcosa a quello che fu già detto sulla morte dell’impegno politico e dei partiti di massa, né elaborare pensieri ultronei a quelli già espressi da Albert Camus sull’uomo eroe assurdo. Un individuo che, pur conscio della brevità dell’esistenza, non si annichilisce nel solo godimento materiale della vita, ma opera col ragionevole pensiero che egli possa comunque lasciare un segno della sua presenza terrena. Dopo le manipolazioni embrionali dell’eugenetica, arriva la macchina svizzera “Sarco” per rendere autonoma l’eutanasia, e poi sopraggiunge la notizia di una ditta che ha sviluppato ologrammi con anime a grandezza naturale, che possono anche…sposarsi tra loro! Saranno questo i compagni di vita degli uomini nel prossimo futuro? Interrogativi che passano inosservati. Allora, chissà, sarà bene per intere generazioni ormai di vecchio stampo, uniformarsi a vivere, come sanno, quel che resta del giorno.

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