Rai Storia, a ‘Il giorno e la storia’ il ritratto di Giovanni Verga

Il 2 settembre 1840, a Vizzini in Sicilia, nasce Giovanni Verga, il maggiore esponente del verismo letterario. Nella sua prima raccolta, 'Vita dei campi', Verga racconta, con realismo poetico, l’ambiente contadino e la condizione di povertà e sfruttamento del 'popolino' nella Sicilia della fine del XIX secolo.

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Milano, 1 set. (LaPresse) – Il 2 settembre 1840, a Vizzini in Sicilia, nasce Giovanni Verga, il maggiore esponente del verismo letterario. Nella sua prima raccolta, ‘Vita dei campi’, Verga racconta, con realismo poetico, l’ambiente contadino e la condizione di povertà e sfruttamento del ‘popolino’ nella Sicilia della fine del XIX secolo. Un personaggio ricordato da ‘Il giorno e la Storia’, il programma di Rai Cultura in onda domenica 2 settembre a mezzanotte, e in replica alle 5.30, 08.30, 11.30, 14.00 e 20.10 su Rai Storia. Verga progetta poi una serie di cinque romanzi, ‘Il ciclo dei vinti’, dei quali, però, ne scrive solo due: ‘I Malavoglia’ e ‘Mastro don Gesualdo’. In entrambi si avverte il profondo pessimismo del Verga per la società del suo tempo, dominata dal meccanismo della lotta per la vita dove non c’è mai alcuna possibilità di riscatto.

Domani invece “Subumani” storie di prigionieri dei lager nazisti

Quasi sei milioni di soldati sovietici catturati dai tedeschi durante le seconda guerra mondiale, più di tre milioni morti durante la prigionia nazista. Un bilancio drammatico ricordato dal documentario “Subumani: storia dei prigionieri sovietici nei lager nazisti” – in onda domenica 2 settembre alle 15.00 su Rai Storia – che racconta le terribili condizioni di vita di quegli uomini reclusi in totale violazione della Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra. Nel filmato, in particolare, si narra la sorte di due giovani prigionieri russi: Nicolai Kurilow e Boris Schaporow. Il primo scappò dal lager di Jelgava in Lettonia e di lui si persero le tracce. Il secondo riuscì a tornare a casa, si costruì una famiglia e morì nel suo paese natale. Dice un proverbio russo: “Coloro che dimenticano i morti, non possono amare i vivi”.

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