Roma, la Guardia di Finanza confisca il patrimonio al clan Spada: oltre 18 milioni

Maxi operazione in mattinata

MILANO – Militari del Comando provinciale della guardia di finanza di Roma stanno eseguendo la confisca dei beni, per un valore complessivo di oltre 18 milioni di euro, del clan mafioso degli Spada. Il provvedimento costituisce l’epilogo dell’attività investigativa coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della procura di Roma. E “sancisce l’acquisizione da parte dello Stato dell’ingente patrimonio mobiliare e immobiliare riconducibile al sodalizio criminale operante nel litorale romano, già oggetto di sequestro nell’ottobre 2018”.

Gli specialisti del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Capitale hanno ricostruito le ricchezze “illecitamente accumulate dagli esponenti di spicco del clan: il capo Carmine Spada, alias Romoletto (classe 1967), Ottavio Spada (classe 1963), Armando Spada (classe 1967), Roberto Spada (classe 1975) e Claudio Galatioto (classe 1951) – individuandone le fonti di finanziamento ‘occulte'”.

Maxi operazione in mattinata dei finanzieri

Nel mirino è finito il patrimonio aziendale – in tutto o in parte – di 19 società, 2 ditte individuali e 6 associazioni sportive/culturali site nel comune di Roma (per lo più ad Ostia) e operanti in svariati settori: la gestione di forni, bar, sale slot, distributori di carburanti, palestre, scuole di danza, nonché il commercio di autovetture e l’edilizia. Gli altri beni confiscati sono costituiti da 2 immobili siti a Ostia e Ardea (Roma), 13 automezzi e disponibilità finanziarie su rapporti bancari e postali.

Tra le attività in capo al clan Spada, rientra anche l’associazione ‘Femus Boxe’ che gestiva la palestra di Ostia dove, nel novembre del 2017, Roberto Spada aggredì, venendo poi condannato per lesioni aggravate dal cosiddetto ‘metodo mafioso’, una troupe della Rai con il giornalista Daniele Piervincenzi.

Gli approfondimenti economico-patrimoniali svolti, che hanno preso le mosse dalle operazioni di polizia ‘Eclissi’ e ‘Sub Urbe’, “hanno consentito di dimostrare l’incoerenza dei modesti redditi dichiarati dagli interessati con i rilevanti investimenti posti in essere in svariate attività commerciali, finanziati, in realtà, dai profitti delle numerose condotte delittuose commesse nel tempo, quali fatti di estorsione, usura e traffico di sostanze stupefacenti”.

(LaPresse)

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