L’autonomia richiesta dalle regioni del Nord rappresenta un punto di svolta per la sanità campana. Perché? Perché invece di ricorrere ai soliti vittimismi, che caratterizzano soprattutto un meridionalismo assistito, credo questa sia l’occasione affinché nella nostra regione possa affermarsi un senso di responsabilità da parte dell’intero mondo della sanità. Trattasi di una presa di coscienza che può consentire di risalire la china: questa è la vera scommessa per la sanità in Campania. Tanto premesso, quali sono le sfide che ci aspettano? Innanzitutto l’applicazione di un piano ospedaliero a partire dalle reti di emergenza ictus, oncologica, trauma e soprattutto, nella città di Napoli, il rafforzamento delle grandi aree di emergenza. De Luca ha puntato tutto sull’apertura dell’ospedale del Mare, e questo può essere un merito, ma ci vorrà del tempo perché il nosocomio sia al massimo regime, e il governo di questo ospedale, a parer mio, va affidato a chi ha già dato prova di capacità manageriale e visione strategica. Tuttavia De Luca, innamorato anche dell’immagine, ha commesso un grave errore: ha dimenticato di rafforzare in termini di risorse umane, tecniche e finanziarie i quattro presidi nel cuore di Napoli, ovvero il San Paolo, Loreto Mare, il San Giovanni Bosco e il Vecchio Pellegrini. Un amministratore equilibrato, e non ossessionato dalla monotematica del consenso, doveva trovare il modo per rafforzare questi quattro presidi rendendoli un’autentica fortezza nell’area dell’emergenza e nel collegamento territoriale, in modo da consentire un allentamento sull’ospedale del Mare. Ciò non è stato e il risultato è che oggi l’ospedale del Mare stenta a decollare mentre questi altri ospedali, al netto delle formiche, vicenda che ha tutt’altra genesi ben individuata dal governatore, vivono una condizione di sofferenza. Altro tema su cui De Luca avrebbe dovuto e dovrebbe esercitarsi riguarda l’organizzazione territoriale. In particolare considerato che gli ospedali sono fatti oggetto di una domanda di salute rilevantissima, risulta fondamentale ridisegnare il territorio con quegli istituti e schemi organizzativi, come le case della salute e l’assistenza funzionale terrioriale, che vedono quali protagonisti i medici di famiglia, i medici specialisti e i distretti. Questi schemi organizzativi ampiamente presenti nelle regioni del centro Nord riescono ad arginare la domanda di salute impropria, come i codici verdi, che arriva in ospedale. Si tratta di un funzionamento h24 preceduto, ovviamente, da un confronto con i sindacati e gli operatori interessati. Ciò non è avvenuto ed esprimo il mio parere: da un lato la politica è ossessionata dalla necessità di reperire il consenso elettorale e quindi costringe medici specialisti e medici di famiglia a prestare servizio in un presidio intermedio della casa della salute 24 ore su 24 e questo significa, nessuno può disconoscerlo, andare in rotta di collisione con queste categorie. Altro tema è dato dalla difficoltà, anche questa tutta legata alla ricerca del consenso, di ogni vertice politico regionale a coinvolgere per davvero i policlinici e la gestione dell’emergenza. E’ storia antica che non cambia, chissà mai se cambierà, nonostante sulla stampa, ogni tanto, appaia qualche tentativo di cambiamento. Per cambiare la sanità, ho inteso indicare alcuni aspetti per migliorarla, ma la strada è lunga e le responsabilità molteplici. Non solo della politica ma di una classe dirigente campana che ha perso da tempo e l’abitudine all’etica della responsabilità.
Franco Verde*
*coordinatore Anaao Assomed