Saviano a testa bassa contro la Magistratura

Roberto Saviano nel video diffuso venerdì scorso, inviperito per la sentenza che lo vede condannato per diffamazione
Roberto Saviano nel video diffuso venerdì scorso, inviperito per la sentenza che lo vede condannato per diffamazione.

Parole gravissime, quelle pronunciate da Roberto Saviano in un video diffuso nella serata di venerdì. Un lungo monologo di commento alla sentenza con la quale è stato condannato per diffamazione. Aveva definito “bastarda” l’allora leader dell’opposizione in Parlamento Giorgia Meloni, in una trasmissione televisiva.

L’incipit: “Se mi vergogno a insinuare che le toghe si lascino influenzare dai politici? No, anzi, confermo tutto”

Lo scrittore, in maniera ben più esplicita rispetto a quanto aveva fatto nelle interviste rilasciate davanti al tribunale di Roma nel giorno della pronuncia, ha chiarito il suo pensiero riguardo alle cause che hanno spinto il giudice ad adottare questa decisione. “L’avvocato della Meloni – dice nel video – ha insistito molto nel dire: «Ma non si vergogna di fare queste insinuazioni? Non si vergogna di credere che possa esserci una magistratura condizionata dalla politica, come in Turchia?». Non mi vergogno, anzi, ribadisco ogni mia accusa, attacco, indignazione e disprezzo verso questo governo e le sue menzogne”.

Il tribunale ha correttamente applicato il principio dell’interpretazione più favorevole all’imputato

Dichiarazioni che definire forti sarebbe riduttivo. Soprattutto in questo caso, considerato che non si vede come il giudice avrebbe potuto esimersi dal pronunciare una condanna per quello che, oggettivamente, è un insulto e non una critica. Oltretutto il Tribunale di Roma ha evidentemente adottato l’interpretazione più favorevole all’imputato nel valutare quantomeno le intenzioni dello scrittore, concedendogli le attenuanti generiche e disponendo la non menzione della condanna nel casellario giudiziale.

Fango sul giudice: “Attenuanti generiche? Ha tentato di tenere insieme tutto”

Infine, il giudicante ha comminato allo scrittore una pena decisamente inferiore rispetto a quella che era stata richiesta dal sostituto procuratore Pietro Pollidori. E questo comporta anche il fatto che il pm, a maggior ragione, si ritrova suo malgrado investito dalle gravi insinuazioni dell’autore di Gomorra. “Mi ha colpito il fatto – ha affermato Saviano a proposito delle motivazioni della pronuncia – che nella sentenza mi siano state riconosciute le attenuanti morali. Il giudice dice che sì, hai fatto questo reato ma per motivi morali. Interessante, no? Quasi come se il giudice dovesse tenere insieme tutto”.

La frase choc: il potere giudiziario limita la libertà di espressione su delega della politica

Infine, nella maniera più netta possibile, chiarisce il concetto: “La bruttura di questo processo è che il potere politico delega il potere giudiziario chiedendogli dove chiudere il perimetro della libertà di espressione. Questo è molto pericoloso. Il messaggio che è stato dato è che chiunque prende posizione poi deve pagare un prezzo. Chiunque attacca il governo sa che avrà le trasmissioni cancellate, verrà portato a processo, dovrà pagarsi la difesa. Quindi alla fine di questa storia l’intimidazione non è soltanto a me, ma è attraverso di me”. Non è la prima volta che i magistrati vengono attaccati da chi viene coinvolto in procedimenti penali. Ma mai, soprattutto dopo la morte di Silvio Berlusconi, le accuse nei confronti di una toga sono state così esplicite.

Nessuna dichiarazione di solidarietà

Praticamente nessuno ha commentato la condanna per diffamazione di Saviano, né gli ha espresso pubblicamente solidarietà. Nemmeno dal mondo della cultura. Lo ha notato lo scrittore Erri De Luca, al fianco del collega alla lettura della sentenza. “Qui – ha dichiarato secondo il quotidiano Domani – è presente una selezione di scrittori. Lo considero biologico: lo scrittore italiano teme di perdere lettori”. Anche Saviano lo ha notato: “Capita che la tua fama arrivi al punto tale che chi ti vuole difendere non spende una parola. Tanto sei già… Hai già… Mica devo intervenire io…”.

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