Sgambato: “Su Cozzolino solo sospetti”

La dirigente del Pd Camilla Sgambato

NAPOLI – Il Pd ha bisogno di una vera e propria rivoluzione interna se vuole tornare ad essere competitivo. Una rivoluzione che non può contemplare né la doppia morale né la conservazione di rendite di posizione che rafforzano il singolo eletto a discapito dell’attrattività del partito. A parlarne con Cronache è Camilla Sgambato, componente della direzione nazionale Pd.


Il Pd torna a parlare di questione morale sulla scia della vicenda che vede coinvolto Cozzolino. Dal suo punto di vista la scelta di sospenderlo è stata giusta?
La vicenda del Qatargate ha colpito la sinistra nei suoi temi più forti e più sensibili, quali l’Europa e i diritti umani. Ma prima di prendere provvedimenti così eclatanti, mi sarei aspettata un’analisi più profonda sull’intreccio tra questione morale e rappresentanza democratica. Ciò che è a fortissimo rischio è l’autonomia della politica, prima che la sua supremazia. Il parlamento indebolito, i partiti delegittimati lasciano purtroppo ampi spazi alle lobby economiche ed affaristiche. E dunque non si può pensare di affrontare questioni così gravi con provvedimenti estemporanei dettati dalle contingenze che stiamo vivendo. Tolleranza zero contro la corruzione non significa il venir meno delle garanzie costituzionali. Francamente dico una cosa su cui nessuno pare abbia parlato: non comprendo perché si debba porre sullo stesso piano la posizione di chi è stato colto in flagranza con quella di un europarlamentare non indagato, solo sulla base di un sospetto che, a quanto pare, almeno allo stato, non sta convincendo nemmeno gli inquirenti. Se è vero che ogni esponente politico deve essere al di sopra di ogni sospetto, è altrettanto vero che sui princìpi non si deve transigere, pena lo scivolamento nella barbarie giuridica, politica ed etica. E questo vale sempre, in ogni momento storico, per evitare di essere tacciati poi di doppia morale.


Crede che in questo momento parte delle decisioni assunte dai vertici del partito siano influenzate anche dall’avvicinarsi dei congressi e dal calo nei sondaggi?
Non possiamo nasconderci che il partito stia attraversando una grave crisi, con conseguente calo nei sondaggi. In questo quadro, l’apertura della fase congressuale avrebbe dovuto essere preceduta da una discussione franca, partendo dallo smarrimento e dalla rabbia di militanti ed iscritti. La natura, la missione che il partito vuole incarnare, chi vuole rappresentare, dove vuole andare e a far cosa, sono nodi irrisolti che rischiano di paralizzare anche l’azione del nuovo segretario, che invece dovrebbe poter cogliere la sfida culturale contro le destre. Occorre, infatti, per poter organizzare un’opposizione efficace, che ci metta nelle condizioni di competere con la destra, un’identità sicura, una strategia riguardo le alleanze, un metodo per la selezione della classe dirigente, una posizione netta sulla questione dell’autonomia regionale, nonché sulle diseguaglianze sociali e territoriali.


Lei ha già deciso chi sosterrà al congresso? Perché?

Per quello che ho detto prima, sono in ascolto attento delle posizioni dei vari candidati, tutti autorevoli. Ma ripeto, in una fase siffatta, sarebbe stato meglio affrontare tutti i nodi con franchezza, agire il conflitto una volta e per tutte, anziché spostarlo in avanti.


Il Pd campano è commissariato e lo sono anche diverse segreterie provinciali, da cosa e da chi ripartire?
La frase che si sente ripetere da ogni parte è quella di ricominciare dando spazio e voce ai territori. Questa frase però, già ascoltata prima delle elezioni politiche, rischia di diventare una mera petizione di principio, ipocrita che aumenta lo scetticismo e la rabbia dei territori stessi, incrementando la disaffezione delle persone rispetto alla politica ed ai partiti, che l’altissima percentuale di astenuti ci ha consegnato. Io sono sempre stata contraria ai commissariamenti, inviati da Roma per varie vicende che hanno reso complicata l’agibilità del partito, perché ogni qualvolta ci siamo trovati di fronte ai commissari, che poco conoscono delle dinamiche territoriali, non ci sono stati molti passi migliorativi, né dibattiti, discussioni o iniziative che io ho più volte sollecitato e che sarebbero servite a superare l’impasse. O si mette mano alla selezione della classe dirigente, si trovano gli anticorpi giusti al nostro interno per ricominciare, si supera la logica del partito degli eletti, recuperando il senso vero della militanza, della libertà rispetto a logiche di potere, o non ci sarà futuro.
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