Sotto la toga

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Vincenzo D'Anna
Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Vincenzo D'Anna

Viviamo in una Nazione sulla quale incombono molte tragedie, maturate, nel corso degli anni, a causa di un determinato clima politico, sociale e culturale. Una Nazione che si trova oggi sull’orlo del fallimento economico a causa del deficit di bilancio e dell’enorme debito accumulato (ulteriormente accresciuto a causa della pandemia).

Parliamoci chiaro: non c’è stato governo che non abbia utilizzato, negli ultimi sessant’anni, la leva della spesa pubblica a debito crescente per governare il Paese, per soddisfare le pretese di quel familismo amorale che indirizza il voto della maggior parte degli elettori. L’ultimo esempio in tal senso viene dal reddito di cittadinanza al quale si è aggiunto, di recente, il sussidio familiare per ogni figlio nel periodo compreso dal sesto mese di gestazione, fino alla maggiore età.

Insomma un’elargizione divenuta perpetua che ha finito col rendere l’idea che si debba lavorare per vivere, una sorta di vecchio arnese intellettuale. Pensate sia finita qui? Macché! Incombe sul nostro Paese la crisi ultra ventennale della politica e dei suoi valori fondativi, la distruzione degli antichi modelli di militanza e partecipazione per credo ideologico, in cambio di partiti personalizzati e per lo più plastificati. Si montano e si smontano, ogni lustro, simboli e denominazioni di forze politiche “pret a porter” in una generale frammentazione della rappresentanza parlamentare derivante da leggi elettorali proporzionali.

Il tutto cresciuto in un clima di moralismo accentuato e gogna mediatica, e la presunzione di equiparare la novità dei protagonisti con il raggiungimento del presupposto cambiamento. Un clima ulteriormente esasperato dall’uso diffuso e capillare dei social ove ormai si forma l’opinione pubblica, sulla base di moti estemporanei e congetture superficiali, del tutto prive di retroterra culturale e di una convinta e consapevole adesione alla realtà dei fatti. In tutto questo bailamme, nasce e cresce una classe politica, ignorante e cialtrona al tempo stesso, che si (auto)referenzia come risolutrice degli antichi mali della politica stessa. Il gioco è semplice, addossare agli eletti dal popolo ogni responsabilità ed ogni nequizia, facendo però salvi gli elettori che quella classe politica avevano scelto in passato, ovviamente per proprio tornaconto.

La trama truffaldina fu quella di mistificare la storia d’Italia, di rappresentare una falsa esaltazione della purezza degli elettori e della parimenti falsa generalizzazione delle colpe degli eletti. Incombe anche la Pandemia, che dire delle centinaia di migliaia di vittime provocate dal Covid-19, molte delle quali, soprattutto nella prima fase della pandemia, verificatesi nelle province lombarde di Brescia e Bergamo, dove la gente è morta per erronea diagnosi e mancate idonee cure?

Anche qui il clima nel quale questa ecatombe si è realizzata, oltre le peggiori previsioni degli epidemiologi, è stato quello dell’approssimazione politica organizzativa, del pastrocchio sui vaccini, dalla tardiva introduzione degli anticorpi monoclonali e del (tardivo) finanziamento dei vaccini italiani di nuova concezione, ipo allergenici e validi per tutte le varianti del virus. Infine, per ultimo ma non ultimo, incombe su tutti quanti noi il vecchio dramma della mancata riforma dell’ordine giudiziario, dell’acquiescenza generale a non porre in essere le condizioni per il giusto processo penale e la velocizzazione di quelli civili. Ed ancora l’abolizione della carcerazione preventiva facile, che oggi costringe oltre ventimila detenuti dietro le sbarre, senza uno straccio di processo!

Ancora: pesano, e non poco, la mancata revisione del reato atipico, creato a tavolino dai magistrati, del “concorso esterno in associazione” e la difficile gestione dei pentiti, a piacimento dei pubblici ministeri, senza alcun preventivo riscontro delle interessate, se non imbeccate, tesi accusatorie sciorinate dai medesimi pentiti. Eppure il caso Palamara ha confermato la bontà dei sospetti che gravavano sulla gestione politica delle procure e la politicizzazione delle toghe. Una ragione in più per evitare altri “scandalosi” verdetti di assoluzione, dopo interminabili processi e la gogna per gli indiziati.

E’ di queste ore il deposito delle motivazioni della sentenza che riguarda Nicola Cosentino, condannato in primo grado nell’ambito del processo “Il principe e la scheda ballerina” e prosciolto in secondo con formula piena. Un politico di razza che è stato eliminato dal combinato disposto delle accuse farlocche dei pentiti alle quali le toghe inquirenti si sono aggrappate per fare carriera e pubblicità. “Il fatto non sussiste” dicono adesso, ma sussistono 4 anni passati in carcere ed una vita calpestata. Di tutto quanto incombe sul Belpaese questa della (mala) giustizia è senz’alcun ombra di dubbio la piaga peggiore. Quella che annulla le libertà e maciulla l’onorabilità e la vita stessa degli individui. Le cause sono tante, scopi politici ed imperizia dei magistrati, clima persecutorio e non garantista. Insomma non tutto può essere pacificamente occultato sotto una toga.

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