“Stuprato da un compagno di cella, irregolarità nei protocolli sanitari”

"Stuprato da un compagno di cella, irregolarità nei protocolli sanitari"

CASERTA (girob) – Presunte violenze sessuali su un detenuto, e presunte irregolarità nell’applicazione dei conseguenti protocolli sanitari, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. A denunciarli è Emanuela Belcuore, garante dei diritti delle persone detenute e private della libertà personale della provincia di Caserta (al centro nella foto con il garante regionale Ciambriello e quello del comune di Napoli, Ioia). Ed è lei stessa a riavvolgere il filo della vicenda.
Domenica vado in carcere per effettuare i miei colloqui di routine, e mi reco al reparto accoglienza – racconta -. Mi imbatto in un detenuto che chiede di fare colloquio con me, anche se non era nell’elenco, non aveva fatto la domandina. Decido di parlargli. Mi dice  – e lo riporto nel rispetto della presunzione di innocenza – di aver subito violenze personali da parte di un compagno di cella, che ora sta in un altro reparto, rispetto a quello dov’era collocato quel giorno. Il giovane detenuto che ha chiesto di parlarmi afferma che, al terzo rapporto sessuale, stanco di tutto, è sceso giù a denunciare i fatti alla Polizia penitenziaria. Nella prima denuncia non fa il nome della persona che l’avrebbe violentato. Poi fa un’integrazione di denuncia, e a suo dire quando voleva fare il nome ci sarebbero stati dei rallentamenti, gli avrebbero detto ‘inizia a fare la denuncia generica, poi si vede’”.
Tuttavia, “la cosa che mi ha colpito è che  – spiega Belcuore – quando una persona denuncia una violenza sessuale, dovrebbe essere utilizzato un protocollo sanitario. Invece, a detta del recluso, sarebbe stato visitato dal medico di turno, che avrebbe refertato delle escoriazioni al glande, e gli avrebbe fatto una visita anale molto blanda. In realtà quel tipo di protocollo medico prevede il trasporto al Pronto soccorso, la visita del medico legale, il tampone anale, i test per l’epatite e l’Hiv, la visita urologica. Tutte cose che sarebbero state prenotate in un secondo momento, quasi un mese dopo, quando alcuni esami non hanno più valenza”. 

La circostanza non sarebbe affatto secondaria. “Ipoteticamente – sottolinea la garante – questo detenuto può essersi inventato tutto, ma dopo un mese non si possono rilevare tracce ematiche e di sperma. Intanto il presunto violentatore è rimasto in istituto tranquillamente, con le sue mansioni. Io ho chiesto fortemente il trasferimento della presunta vittima presso un altro carcere, per la sua incolumità psicofisica, perché ha tentato più volte il suicidio, è stato male. La prima domanda di trasferimento non è andata a buon fine, con mio grande stupore. La seconda, fortunatamente, sì, ed è stato trasferito in un altro istituto penitenziario del Casertano. Lui sta molto giù moralmente”.
La storia suggerisce alcune riflessioni. 

Alcuni dicono che queste sono cose che succedono in carcere, ma invece  – osserva Belcuore – io dico che non dovrebbero proprio accadere. Gli agenti dovrebbero vigilare, anche se mi rendo conto che comunque i fatti sarebbero avvenuti nell’ora d’aria, e i presunti vittima e carnefice erano da soli. Gli agenti non posso stare sempre addosso ai reclusi, devono anche farli respirare”.
Sulla questione del protocollo sanitario, la garante chiarisce: “Non discuto nemmeno la professionalità dei medici, ma discuto l’abnorme mancanza di personale e di unità di medici e infermieri, che devono dividersi tra un reparto e un altro. I detenuti mi riferiscono anche di analisi sbalzate per motivi di tempo”.
Infatti, “da quando l’area sanitaria non dipende più dall’amministrazione penitenziaria ma dall’Asl, i detenuti aspettano mesi per una visita esterna, c’è difficoltà a far entrare gli specialisti nel carcere per curarli. Anche i magistrati si trovano in difficoltà, perché ci sono detenuti che hanno un’incompatibilità col regime carcerario per motivi di salute, ma spesso non vengono nemmeno segnalati alla magistratura di sorveglianza”.
Per non parlare “del reparto Rems, dove ci sono i malati psichiatrici, che in buona sostanza sono curati da un unico medico fisso, e da un altro che va in carcere a spizzichi e bocconi. In carcere mancano le figure dello psichiatra e dello psicologo. A volte gli agenti sono costretti a sostituire altre figure professionali, spesso mi ritrovo casi di detenuti con problemi psichiatrici e quindi disturbi comportamentali, e gli agenti della penitenziaria non sanno come comportarsi, non sanno se vanno trattati da persone normodotate, quindi passibili di rapporto disciplinare se si comportano male, o se devono essere considerati malati psichici, e quindi il trattamento deve essere diverso”.
Belcuore fa “un appello a tutta la politica: aumentare le unità e le figure professionali in carcere. Non dimentichiamo che in periodo Covid, proprio a Santa Maria Capua Vetere, a un detenuto sono state iniettate sei dosi di vaccino tutte insieme”. Quanto alle violenze sessuali, lancia un invito alle vittime nei penitenziari: “Non rimanete nel silenzio, non è una vergogna: bisogna denunciare e farsi aiutare”.

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