Tangentopoli capitolina, le intercettazioni: “I politici ce li abbiamo…”. Il palazzo di viale Trastevere inguaia Statuto. La Procura: mazzetta da 24mila euro

L'imprenditore avrebbe sfruttato le intercessioni del duo Mezzacapo-De Vito per ottenere un permesso a costruire

©Roberto Monaldo/LaPresse Nella foto a sinistra Giuseppe Statuto (IMMOBILIARISTA). A destra Marcello De Vito che entra nel carcere di Regina Coeli. Scatto di Cecilia Fabiano - LaPresse

Marcello De Vito non sarebbe stato il solo. Se il flusso di tangenti, sotto forma di incarichi legali, scorreva liscio, è perché erano pronti ad oliare il sistema anche altri politici. La circostanza, al vaglio dei giudici capitolini, è emersa da alcune intercettazioni telefoniche intercorse tra Camillo Mezzacapo, ‘socio’ del presidente del consiglio comunale, e l’architetto Fortunato Pititto.

Il palazzo di viale Trastevere

Al centro di quelle conversazioni c’era il ‘caso Statuto’: l’immobiliarista originario di Casaluce (provincia di Caserta) attendeva il permesso a costruire relativo ad un edificio di via Trastevere. Ma l’iter amministrativo aveva subito degli stop.

“Datemi quell’acconto e datemi pure un po’ gli strumenti”

Per risolvere l’impasse, per garantire alla società del business-man casertano i permessi necessari, sostengono gli inquirenti, era stato attivato un corso dedicato. Mezzacapo, ricostruisce il gip Maria Paola Tomaselli, chiacchierando con Pititto accenna “ai politici disposti ad intervenire per risolvere la vicende”. Non ci sarebbe stato soltanto De Vito. Tanti scalpitavano, a suo dire, per ‘mettersi a disposizione’. Ma l’avvocato non avrebbe voluto coinvolgere altre persone: “Noi seguiamo il nostro, il nostro canale. Li abbiamo… i politici ce li abbiamo, c’è interesse a farlo”. E mentre dava rassicurazioni sollecitava Pititto “a rinnovargli il mandato”. “Datemi quell’acconto e datemi pure un po’ gli strumenti”. E il mandato avrebbe rappresentato la merce di scambio, la paga della sua ipotizzata intercessione per far ottenere al gruppo Statuto quello che volevano: un corridoio preferenziale, una pratica veloce e senza intoppi.

Gli indagati

Complessivamente sono 11 le persone coinvolte nell’inchiesta sulla nuova (presunta) tangentopoli capitolina. Con Mezzacapo e Marcello De Vito, grillino di primo piano e presidente del consiglio comunale, entrambi finiti questa mattina in carcere, ci sono  Pititto e Gianluca Bardelli, sottoposti ai domiciliari, e Luca Parnasi, Sara Scarpari, Pierluigi e Claudio Toti, Giuseppe Statuoe Virginia Vecchiarelli inquisiti a piede libero.

Agli 11 la Procura contesta a vario titolo i reati di corruzione, traffico di influenze illecite, evasione delle imposte sui redditi, emissione di fatture false, impiego di beni o altra utilità di provenienza illecita e corruzione.

Statuto, assistito dai legali Paolo Trofino e Gianpiero Biancolella, De Vito e Mezzacapo sono indagati per traffico di influenze illecite. L’imprenditore, nipote di Rodolfo Statuto, storico business-man di Casaluce, è finito sotto inchiesta in qualità di amministratore della Statuto Lux Holding Re, società proprietaria della Ippolito Nievo Srl.

Il caso Statuto

Al centro dell’ipotesi di reato c’è il rilascio del permesso di costruire chiesto dalla Ippolito Nievo relativo ad un edificio situato in viale Trastevere, nell’area dell’ex stazione. De Vito, sfruttando le sue relazioni con soggetti che avrebbero potuto incidente sull’iter amministrativo della licenza, in concorso con Mezzacapo, stando alla tesi della Procura, “si facevano indebitamente promettere e quindi dare da Statuto” 24mila e 582 euro.

La cifra sarebbe stata corrisposta sotto forma “di incarico professionale conferita allo studio legale di Mezzacapo”. La somma, affermano gli inquirenti, era il prezzo della presunta “mediazione illecita” messa in atto dal duo Mezzacapo-De Vito per “ottenere interlocuzione diretta con il pubblico ufficiale nell’ambito del progetto immobiliare” gestito da Statuto.

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