Tassonomia verde, giornate di proteste

Tassonomia verde, giornata di proteste
Tassonomia verde, giornata di proteste

NAPOLI – “Gas E Nucleare, Menzogna Letale. #NotMyTaxonomy”: 27 sigle ambientaliste italiane aderiscono alla mobilitazione europea contro la proposta di tassonomia verde UE. Ieri pomeriggio nelle piazze di Roma e Milano, associazioni, comitati e movimenti ecologisti hanno manifestato il loro dissenso contro il progetto presto al voto a Strasburgo. Nella capitale è andata in scena una pedalata da Metro Colosseo; nel capoluogo lombardo la mobilitazione a Palazzo delle Stelline, in corso Magenta. 

Il flashmob ha unito le due città nel denunciare “le menzogne della politica – dicono le associazioni ambientaliste – L’approvazione di una tassonomia in cui gas fossile e nucleare sono inseriti come investimenti sostenibili ed equiparati alle rinnovabili sarebbe un colpo al cuore per la transizione ecologica”. La mobilitazione è stata sposata da Associazione Forum Ambientalista ODV, Asud onlus, Comitato S.O.L.E., Disarmisti esigenti, Earth Day Italia, Fridays for Future, Greenpeace Italia, Gruppo Melitea, ISDE Italia, L.E.A. Berta Càceres, Legambiente, Link, Mondo senza Guerre e senza Violenza, No al Fossile Civitavecchia, Piazza048, Rete degli Studenti, Rete Ecosistemica Roma, Rete Emergenza Climatica e Ambientale Emilia-Romagna, Rete No Hub del Gas, Sbilanciamoci, Transport & Environment, Ultima Generazione, Unione degli Studenti, Unione degli Universitari, Up – Su la testa!, WILPF italia, WWF Italia.

#NotMyTaxonomy: non la mia tassonomia. “In un contesto in cui il cambiamento climatico continua la sua corsa e in cui l’obiettivo del suo contenimento al di sotto degli 1.5°C si allontana sempre di più, non possiamo – si legge nel manifesto condiviso dalle associazioni – tollerare che una risorsa inquinante come il gas fossile ed una tecnologia estremamente controversa come il nucleare possano essere rilanciate come investimenti sostenibili, togliendo così risorse alle uniche vere soluzioni: le energie rinnovabili, l’efficientamento energetico e la riduzione dei consumi. Non solo, ma a questa emergenza si sono aggiunte quelle del caro bollette, causato dalle speculazioni proprio sul gas fossile e che hanno esasperato le criticità sociali già presenti anche a causa dell’emergenza sanitaria, e il conflitto in Ucraina, anche legato alle risorse energetiche come accade in quasi tutti i conflitti oggi in corso”. “In questo quadro – prosegue la nota degli ambientalisti – è necessario quindi fare scelte che vadano non soltanto nella direzione del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, ma che possano dare impulso a nuovi modelli di sviluppo e possano creare occasione di riscatto. Il gas fossile, come il nucleare, non può essere considerato come una risorsa adeguata alla giusta transizione ecologica. Da un punto vista ambientale, il metano oltre ad essere una fonte fossile la cui combustione contribuisce al peggioramento dell’attuale situazione climatica, se disperso direttamente nell’aria ha un effetto climalterante fino a 83 volte superiore alle CO2. Una strategia che come abbiamo già denunciato con la mobilitazione del 12 febbraio “A tutto gas ma nella direzione sbagliata”, risulta priva di visione sia per affrontare il phase-out dal carbone al 2025 – non abbiamo bisogno di nuove centrali a gas fossile, né di gasdotti o rigassificatori che contribuirebbero soltanto a rafforzare la dipendenza da questa risorsa e dalle importazioni dall’estero – sia per affrontare le emergenze attuali legate all’innalzamento dei costi delle bollette per famiglie e imprese che non può risiedere in un aumento nell’utilizzo di gas fossile o in strategie di diversificazione degli approvvigionamenti. L’aumento dei costi delle materie prime ha ragioni in gran parte di tipo speculativo, che continueranno a sussistere fintanto che saremo dipendenti dalle fonti fossili”.

“L’approvazione del progetto europeo sulla Tassonomia verde – la sentenza delle associazioni – da questo punto di vista si configura come una grande operazione di greenwashing dietro cui si nasconde in realtà un gravissimo attacco alle fonti rinnovabili visto che distoglierebbe per decenni i potenziali investimenti dalle energie pulite, l’efficienza, le reti e gli accumuli, verso le infrastrutture del gas fossile, condannandoci all’utilizzo di questa fonte inquinante e climalterante almeno fino al 2050/2060, tempi incompatibili persino con gli obiettivi climatici europei”.

Gli ambientalisti sostengono che in Italia “ci vorrebbero, nella migliore delle ipotesi, almeno quindici anni per realizzare una centrale andando completamente fuori tempo massimo per affrontare la crisi climatica, ma anche il caro bollette. Inoltre, gli altissimi costi che esso comporta, considerando la realizzazione, il funzionamento e lo smantellamento delle componenti radioattive, non porterebbero ad un abbassamento reale dei costi dell’energia in bolletta mentre toglierebbero nuovamente risorse alle energie rinnovabili che invece ci permetterebbero di intervenire sulla crisi climatica da subito. Per non parlare della costruzione di una nuova dipendenza dall’estero per le importazioni di uranio e/o torio”. Infine, ma non di minor importanza, da un punto di vista ambientale e sanitario, “gli ultimi avanzamenti tecnologici non hanno risolto i problemi di sicurezza che caratterizzano questo modo di produrre energia, lasciando irrisolte diverse questioni legate allo smaltimento delle scorie radioattive e agli effetti, anche sulla salute umana, causati da possibili incidenti. E anche le centrali di IV generazione, posto che realmente si riesca a realizzarle entro 15-20 anni, non eliminano del tutto il problema delle scorie o il rischio di incidenti”. “Queste valutazioni non possono non essere calate nel contesto odierno – tuonano le associazioni scese in campo ieri -, che vede il nostro pianeta per l’ennesima volta sul piede di guerra e con gravissimi problemi di povertà energetica. Le fonti fossili, così come il nucleare, non sono tecnologie di pace, considerando i tanti conflitti legati alla contesa di queste risorse che continuano ad aumentare il rischio di proliferazione di armi nucleari”.

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