Terra fragile, suolo da salvare

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NAPOLI – Valanghe di fango invadono le strade, trascinate a valle dalle colline ridotte a semplici cumuli di terra, il terreno eroso dall’attività dell’uomo viene devastato da bombe d’acqua ed altri eventi meteorologici estremi: decine di vittime e danni per centinaia di milioni di euro registrate ogni anno a causa del dissesto idrogeologico, che in Campania raggiunge proporzioni drammatiche, una vera e propria emergenza dalle conseguenze spesso catastrofiche. Il territorio, già fragile, subisce i danni degli interventi umani, spesso illegali e portati a compimento senza i necessari riguardi per il suolo. La società, però, non si trova disarmata di fronte al fenomeno. Diversi i modi con cui si può combattere il dissesto idrogeologico, contemporaneamente prevenendo numerose e tragedie ed apportando un contributo fondamentale alla protezione dell’ambiente naturale.

Abusivismo, deforestazione e cemento: le ‘ferite’ al suolo

Diverse le cause del dissesto idrogeologico, principalmente causate dall’uomo. Processi su cui spesso la natura del territorio ha poca o nessuna influenza. I primi danni per il territorio arrivano con la principale attività con cui l’essere umano modifica il terreno, ossia l’attività edilizia. Ogni anno migliaia di edifici vengono costruiti in aree naturali, con un impatto notevole sull’ambiente naturale. La seconda causa è direttamente collegata ed è quella dell’abusivismo edilizio. L’edificazione in zone naturali, soprattutto se umide o boscose, aggravano ulteriormente questo squilibrio. Segue subito dopo la deforestazione. Le piante, essenziali per il corretto funzionamento del ciclo idrogeologico, venendo rimosse compromettono l’assetto dei terreni, causandone l’instabilità. A causare danni al suolo anche l’agricoltura intensiva, l’abbandono dei terreni agricoli, l’estrazione di risorse dal sottosuolo e la realizzazione di cave non a norma.

Prevenzione sul territorio: combattere i reati ambientali

Sono centinaia i reati contro l’ambiente che ogni anno vengono commessi in Campania, molti dei quali hanno un diretto impatto sulla stabilità dei terreni e il dissesto idrogeologico. Una delle prime attività che le istituzioni devono mettere in campo per prevenire danni e tragedie è quello del controllo preventivo del territorio. L’utilizzo di droni e delle moderne tecnologie gps, oltre che delle fototrappole possono consentire di anticipare le attività illegali che portano all’erosione dei terreni. Dallo sversamento abusivo di materiale edile di risulta allo svolgimento di attività costruttive in luoghi protetti: un occhio vigile consente di prevenire i danni più gravi inflitti al territorio.

Disboscamento in Campania: ripopolare le foreste autoctone

Il disboscamento, sempre collegato alle attività edilizie, rappresenta una delle ferite più gravi che vengono inferte al territorio. Migliaia di ettari di terreno scompaiono ogni anno per fare spazio al cemento e ai campi. La coltura intensiva e l’intensa attività di modificazione del suolo porta all’erosione degli strati superficiali del terreno, che a sua volte causa sprofondamenti, smottamenti e frane. Le radici degli alberi aiutano a stabilizzare i terreni, creando delle vere e proprie fondamenta naturali, necessarie per ancorare i terreni e prevenire il deflusso delle acque, che altrimenti causerebbero smottamenti e frane. Allo stesso modo le attività agricole vanno tenute sotto stretto controllo, prevenendo i numerosi illeciti, come l’utilizzo improprio del suolo.

Terreni e cave abbandonate: il recupero diventa emergenza

Decenni di attività estrattiva sul territorio hanno lasciato delle vere e proprie ferite aperte nel suolo, con cave e terreni abbandonati. Una situazione per cui risulta necessario l’intervento dell’uomo, al fine di recuperare le aree maggiormente a rischio. Centinaia di cave dismesse e terreni abbandonati rappresentano autentiche trappole mortali per i territori circostanti. Il rimboschimento di queste aree è possibile attraverso la piantumazione di nuovi alberi, allo scopo di consolidare i terreni e di renderli più resistenti, dopo l’astrazione, all’impatto degli eventi meteorologici estremi.
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