Toh, il Pd di Renzi cambia idea: dall’opposizione alla maggioranza del ‘governo di garanzia’

Svelato il piano di Matteo Renzi e del ‘suo’ Pd: cancellare il risultato delle elezioni politiche di marzo e sostenere un governo dei poteri forti, del tipo Monti-Fornero, in pieno accordo con Forza Italia e con l’ausilio di qualche ‘responsabile’ di verdiniana memoria a reggere il moccolo.

Dopo due mesi di ‘staremo all’opposizione, dove ci hanno mandato gli elettori’  arriva la giravolta repentina di Renzi e del Pd

Sergio Mattarella ci ha provato in ogni modo a convincere Renzi: tutto inutile. Fino a quando non esce il coniglio dal cilindro: il governo lo indica il Quirinale, magari inserendo qualche nome gradito al centrosinistra e qualcun altro gradito al centrodestra. E, miracolosamente, tutto cambia: Matteo Renzi e Silvio Berlusconi all’unisono benedicono la soluzione del presidente. Non sono bastati cinque anni per eliminare  definitivamente la spada di Damocle delle ‘clausole di salvaguardia’, che ogni anno impone manovre economiche lacrime e sangue agli italiani. E con la minaccia dell’aumento dell’iva all’orizzonte tutto diventa giustificato è giustificabile. Anche che Renzi e Berlusconi, cacciati dalla porta con il voto del 4 marzo, rientrino dalla finestra con un governo che li veda protagonisti nel ruolo di ‘pupari’.

L’intervento tardivo di Sergio Mattarella

Il bilancio delle consultazioni per la formazione di un governo politico è stato negativo. I partiti, per la prima volta nella storia della repubblica, non hanno inteso venire meno agli impegni assunti con gli elettori in campagna elettorale quando hanno dichiarato in anticipo cosa avrebbero fatto dopo. Cio’ viene oggi definito comportamento irresponsabile, ma gli italiani non la pensano cosi. Gli italiani si chiedono perché il presidente della repubblica, persona perbene e di rilevante formazione costituzionalista, non abbia richiamato i governi passati ad assumere norme che eliminassero, definitivamente, l’incombenza delle sistematiche corse ad ostacoli necessarie a scongiurare l’applicazione di clausole chiaramente repressive in ogni legge di bilancio che si sottopone all’approvazione del parlamento.

Il ‘senso di responsabilità’: presente nei ‘populisti’ e assente nei partiti dell’establishment…

Come sempre capita la lettura dei fatti viene mistificata e finalizzata ai desiderata dei soliti noti. Sia Luigi Di Maio, leader dei cinque stelle, che Matteo Salvini, capo della Lega, hanno mostrato disponibilità a comprimere i rispettivi programmi di governo in ragione di accordi su punti di interesse collettivo. In sintesi: un passo indietro per il bene della nazione, il che, detto da chi ha oggettivamente ottenuto la maggior parte di consensi, rappresenta un segnale importante in termini di responsabilità. Di contro, chi si è visto sconfitto dal responso delle urne ha mantenuto a piè fermo la posizione: Berlusconi non ha mosso quel ‘passo di lato’ chiesto, prima che da Di Maio, dagli italiani con il voto, permettendo così la formazione di un governo da chi è stato premiato alle elezioni. E Renzi non ha permesso al suo partito di lavorare con i cinque stelle ad una sintesi sulle cose da fare, questa volta sul serio, per il bene dei cittadini. Allora viene da chiedersi: chi saranno i populisti ‘autentici’?

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