Torino, chiusa l’indagine sull’estorsione alla Appendino. Pasquaretta: “Proverò la mia estraneità”

Sia Appendino sia Castelli sono considerate 'parti offese' in un'inchiesta che vede otto indagati in vari filoni di indagine

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse in foto Chiara Appendino

MILANO “Finalmente potrò provare la mia totale estraneità”. Luca Pasquaretta si affida a un comunicato per commentare la chiusura delle indagini in un filone dell’inchiesta che lo vede accusato di tentata estorsione ai danni della sindaca di Torino, Chiara Appendino. Secondo la Procura di Torino, l’ex portavoce della prima cittadina avrebbe ricattato la sindaca, minacciandola di rivelare i suoi ‘segreti’ se non gli avesse trovato un nuovo lavoro, dopo aver lasciato l’incarico in Comune.

L’indagine

Pasquaretta diventò poi collaboratore di Laura Castelli, all’epoca sottosegretario all’Economia. Sia Appendino sia Castelli sono considerate ‘parti offese’ in un’inchiesta che vede otto indagati in vari filoni di indagine. “Mi è stato notificato l’avviso di chiusura delle indagini. Finalmente potrò leggere le carte e difendermi con forza e determinazione da accuse che ritengo del tutto infondate. Chiederò di essere sentito dalla Procura”, fa sapere Pasquaretta annunciando che presenterà ‘prove’ da cui si evincerebbe “inequivocabilmente” la sua totale estraneità ai fatti addebitati. Tra queste, vi sarebbero chat, email e documenti.

Il ruolo di Pasquaretta

La vicenda risale al 2018 quando Pasquaretta perse l’incarico a Palazzo Civico in seguito al clamore che suscitò la storia della consulenza da 5mila euro ricevuta dalla Fondazione del Salone del Libro, realizzata in orari incompatibili con quelli del suo lavoro con la sindaca del capoluogo piemontese.

Pasquaretta, soprannominato il ‘Pitbull’, nomignolo affibbiatogli proprio dalla Appendino, è coinvolto anche in altre inchieste giudiziarie: la prima in Basilicata, sua regione d’origine, che lasciò per studiare Economia e commercio sotto la Mole e stare più vicino alla ‘sua’ Juve. L’accusa che è piovuta sulle sue spalle dalla Lucania è turbativa d’asta. Ma non solo, perché a Torino è nel mirino dei magistrati, che indagano su di lui per presunta influenza illecita, pur di favorire un suo amico. L’elenco, comunque, non finisce qui.

I capi d’accusa

Sempre in Piemonte, il giornalista ed esperto di comunicazione, risulta sotto inchiesta anche per apertura abusiva di luoghi di spettacolo e invasione di terreni, perché nel 2017 allestì al Parco Dora, nella periferia di Torino, un maxischermo per la finale di Champions tra Juventus e Real Madrid. Giornata resa indimenticabile, purtroppo, dai drammatici di Piazza Castello, per i quali due donne hanno perso la vita.

“Gli addebiti che mi vengono mossi non intaccano l’orgoglio per il lavoro svolto in questi anni con dedizione e sacrificio. Proverò la mia totale estraneità, chi mi conosce bene, lo sa”, chiosa Pasquaretta rimasto in silenzio in questi mesi di inchiesta.

(LaPresse)

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