Tre foreign fighter francesi Isis condannati a morte in Iraq

Tre cittadini francesi sono stati condannati a morte in Iraq, dichiarati colpevoli di appartenenza al gruppo jihadista Stato islamico.

BAGHDAD – Tre cittadini francesi sono stati condannati a morte in Iraq, dichiarati colpevoli di appartenenza al gruppo jihadista Stato islamico. È la prima volta che a foreign fighter francesi viene inflitta la pena capitale, dopo che centinaia di cittadini di vari Paesi del mondo, anche europei, sono stati catturati in Siria mentre combattevano o si erano uniti alle file degli jihadisti leali all’autoproclamato ‘califfo’, Abu Bakr al-Baghdadi. Il magistrato del tribunale di Baghdad che li ha processati ha fornito le identità dei tre: Kévin Gonot, Léonard Lopez e Salim Machou. Erano stati arrestati in Siria dalle forze dell’alleanza curdo-araba anti-Isis, per poi essere trasferiti con altri nove francesi in Iraq a febbraio. Secondo la legge irachena, hanno 30 giorni per presentare ricorso.

I casi

In Iraq si trovano migliaia di jihadisti, trasferiti dalla vicina Siria dove sono stati catturati dalle Forze democratiche siriane, sostenute dagli Usa, durante la battaglia per distruggere il cosiddetto ‘califfato’. La giustizia di Baghdad aveva fatto sapere in precedenza di aver processato e condannato oltre 500 stranieri, presunti aderenti dell’Isis, dall’inizio del 2018. Alcuni sono stati condannati all’ergastolo, alcuni a morte, ma nessuno per ora è stato ucciso. Gonot, arrestato in Siria con madre, moglie e fratellastro, è anche stato condannato in absentia in Francia a nove anni di carcere, secondo il Centro per l’analisi del terrorismo francese. Machou era membro della famigerata brigata Tariq ibn Ziyad che ha condotto attacchi in Iraq e Siria e ne pianificava a Parigi e Bruxelles. Lopez, parigino, era andato a Mossul con la moglie e due figli prima di andare in Siria.

L’accaduto

Tredici francesi sono stati catturati in Siria e consegnati alle autorità irachene per sospetta adesione all’Isis. Uno è stato rilasciato dopo che è stato scoperto che si era recato in Siria per appoggiare la minoranza yazida, bersaglio della brutale campagna del gruppo estremista che varie organizzazioni per i diritti umani hanno definito genocidio. Gli altri 12 sono stati processati secondo le leggi antiterrorismo, che possono portare alla pena di morte anche nei casi in cui l’adesione a gruppo terroristico non sia stata con partecipazione ai combattimenti. Fonti del governo iracheno hanno dichiarato ad AFP che Baghdad ha proposto di processare tutti i foreign fighter in custodia alle Sdf, circa mille, in cambio di milioni di dollari.

Le reazioni

Varie organizzazioni per i diritti umani hanno criticato i processi, denunciando prove ottenute tramite tortura. L’Iraq è tra i cinque Paesi al mondo che più uccidono persone in esecuzioni capitali, secondo Amnesty International, e il numero delle condanne a morte è più che quadruplicato tra 2017 e 2018, arrivando ad almeno 271. Cinquantadue sono state eseguite nel 2018, sempre secondo Amnesty, mentre erano state 125 l’anno precedente. Gli analisti hanno anche avvertito del fatto che le carceri irachene in passato hanno funzionato come “scuole” per i futuri jihadisti, tra cui per il leader dell’Isis, al-Baghdadi.

LaPresse

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