Ue, il papa: “Sì all’integrazione dei Balcani occidentali”

Davanti ai leader, il pontefice loda la convivenza fra etnie e religioni di cui la Macedonia da decenni fa scuola

Foto Stefano Costantino / LaPresse in foto Papa Francesco

CITTA’ DEL VATICANO – I negoziati seguono percorsi separati, ma l’endorsement per l’ingresso dei Balcani occidentali nell’Unione europea è importante. Arriva da Papa Francesco, in visita a Skopje di ritorno dalla Bulgaria. Tra i sette Paesi al di là dell’Adriatico, per ora, l’unico a essere stato integrato è la Croazia, entrata in Ue nel 2013. Il Montenegro, la Serbia, la Macedonia del Nord e l’Albania sono candidati ufficiali. La Bosnia-Erzegovina e il Kosovo sono solo potenziali candidati.

La visita di papa Francesco in Macedonia

Il Pontefice argentino fa tappa nella Macedonia del Nord, paese di nascita di Madre Teresa di Calcutta, nel 25esimo anniversario delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Stabilite pochi anni dopo l’indipendenza del Paese dall’ex Jugoslavia. In un momento di transizione, Bergoglio incontra sia il presidente della Repubblica uscente che quello entrante. Il conservatore Georgje Ivanov è stato appena sconfitto al ballottaggio e il 12 maggio verrà sostituito dall’europeista Stevo Pendarovski.

Sì all’integrazione dei Balcani occidentali

Davanti ai leader, il Papa loda la convivenza fra etnie e religioni di cui la Macedonia da decenni fa scuola e il “generoso sforzo” con cui Skopje ha accolto e soccorso i profughi medio-orientali. “Fuggivano dalla guerra o da condizioni di estrema povertà, spesso indotte proprio da gravi episodi bellici. E negli anni 2015 e ’16 hanno varcato i vostri confini, diretti in massima parte verso il nord e l’ovest dell’Europa, trovando in voi un valido riparo”, afferma.

La visita al memoriale di Madre Teresa

In visita al memoriale di Madre Teresa, Bergoglio chiede ai fedeli di andare fieri di “questa grande donna”, e di non cedere al conformismo mondano. “Ci siamo abituati a mangiare il pane duro della disinformazione e siamo finiti prigionieri del discredito, delle etichette e dell’infamia”, dice. “Abbiamo creduto che il conformismo avrebbe saziato la nostra sete e abbiamo finito per abbeverarci di indifferenza e di insensibilità. Ci siamo nutriti con sogni di splendore e grandezza e abbiamo finito per mangiare distrazione, chiusura e solitudine, ci siamo ingozzati di connessioni e abbiamo perso il gusto della fraternità”.

(LaPresse/di Maria Elena Ribezzo)

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