Uomini e caporali

Di Enrico Letta ci siamo già interessati sulle colonne di questo giornale rilevando che prima o poi ci dovremo accorgere di avere a che fare col nipote più che con lo zio. Poco o niente li accomuna. Politicamente parlando non c’è alcuna somiglianza tra loro. La capacità di equilibrio, la diplomazia, l’acume di saper tessere la tela del compromesso, trovare un interesse comune tra le parti in contesa riconoscibili in Gianni Letta, sono poco o niente rintracciabili nel nipote. E non può che essere così se si guarda alla storia umana ed all’idealità politica di Gianni rispetto a quella di Enrico. Liberale a tutto tondo il primo, cattolico di sinistra il secondo. Abile giornalista (ha lavorato all’Ansa ed ha diretto il Tempo) l’ex braccio destro di Berlusconi, bravo politicante il seguace della sinistra democristiana. Insomma: la differenza che intercorre, per dimensione ed autorevolezza, tra il Duomo di Milano e la chiesa parrocchiale di Cinisello Balsamo. Di Enrico Letta molti elettori ricordano che fu capo del governo nel primo periodo della scorsa legislatura, quella che fece registrare il ribaltone di Angelino Alfano che, con un manipolo di parlamentari, passò armi e bagagli da Forza Italia al Nuovo Centro Destra. Un partitino, quest’ultimo, che visse per una sola Legislatura (all’ombra del centrosinistra), consentendo però all’ex pupillo di Silvio Berlusconi di fare il giro di vari Ministeri, prima di appendere ignominiosamente le scarpe al chiodo. Sempre di Enrico si ricorda che fu defenestrato da Matteo Renzi, divenuto segretario del Pd al posto di Pierluigi Bersani (sconfitto alle primarie) e poi premier proprio al posto suo, senza preavviso alcuno, anzi rassicurato dal celebre messaggio dell’ex rottamatore “Enrico stai sereno”. Un esempio di credulità da un lato ed al tempo stesso di doppiezza dall’altro versante , episodio passato alla storia dell’aneddotica politica come deprecabile esempio. Richiamato in sella al partito del Nazareno, il nipote di Gianni ha fatto il giro delle sette chiese partitiche per non concludere niente, rispetto al disegno originale di costruire un nuovo centrosinistra. Lo stesso dicasi per il fallimento della prospettata ipotesi di un patto organico ed elettorale col Movimento 5 Stelle, in aperta contraddizione con le posizioni politiche e programmatiche dei Democratici degli ultimi anni. Tuttavia, come soleva dire Ennio Flajano, l’insuccesso gli ha dato alla testa! Enrico si è infatti distinto con alcune proposte che riguardavano la tassazione delle ricchezze e la distribuzione delle medesime ritornando a concetti tanto cari ai comunisti di un tempo per quanto concerne la redistribuzione della ricchezza prodotta dai contribuenti. Fatta una rapida marcia indietro, eccolo partorire un’altra idea, sempre attinta nei vecchi bauli che furono trasferiti da via delle Botteghe Oscure, sede del vecchio Pci, mano a mano che si compiva la “trasformazione comunista” in Pds, Ds e Pd. L’idea? Quella di accettare il flusso migratorio che approda sui nostri lidi, per quello che è oggi e che potrebbe essere negli anni a venire, perché…serve manodopera! Insomma secondo Letta (Enrico, ovviamente) per una Nazione che non riesce a fare figli, con indici di natalità bassissimi, asfissiata da bassi redditi da lavoro, dalla mancanza di asili nido e strutture sociali, dalla precarietà del lavoro stesso, dal nuovo modo di intendere la famiglia come luogo in cui i sacrifici per i figli sono aboliti, il rimedio sarebbe quello di approfittare degli immigrati!! Non è dato sapere se l’arguta proposta del segretario del Pd preveda una cernita dei migranti, per età, istruzione, attitudine al lavoro manuale, al mestiere praticato nei Paesi di provenienza, per la capacità ricettiva della Nazione, oppure per come sbarcano a Lampedusa . Insomma: attivare un caporalato di Stato trasformando lo sbandierato principio di accoglienza e di solidarietà in un soddisfacimento di braccia per il lavoro. Da buon cattolico di sinistra, emulo di Giorgio La Pira, il neo segretario del Pd si è lasciato cullare da calcoli tanto grossolani ed improvvisati da diventare intrinsecamente discriminatori e contrari alle leggi di tutela del lavoro e della necessità dei datori di stessi. Se l’inconfessato scopo è quello di infarcire lo Stato di altre assunzioni, in nome della solidarietà o meglio sgravare le tasse alle imprese che li assumono, siamo al solito vecchio gioco della spesa a debito che viene pagata dai soliti noti, quelli chiamati a ripianare i debiti dello Stato benefattore. Peggio ancora se si dovesse pensare ad estendere a questi migranti il sussidio di cittadinanza dopo averne fatto dei cittadini italiani per lo ius soli. Se questa è la sinistra di Enrico, ovvero un vecchio arnese nessuno si scandalizzi che la destra di Giorgia Meloni sia arrivata al venti per cento. Scalzando, guarda caso, proprio il Pd!!

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