Varese: maxi frode fiscale da 34 milioni, 3 arresti e 36 perquisizioni

Operazione della Guardia di Finanza

Foto Alessandro Tocco/LaPresse 11-03-2020 Oristano, Sardegna Cronaca Coronavirus, Oristano nel secondo giorno di quarantena. nella foto: i controlli della Guardia di Finanza nei parcheggi dei centri commerciali

MILANO – Una maxi frode fiscale da almeno 34 milioni di euro. É quella che hanno scoperto gli uomini del comando provinciale della Guardia di Finanza di Varese, diretti dalla Procura di Busto Arsizio. Le Fiamme Gialle hanno anche eseguito 3 ordinanze di custodia cautelare in carcere e varie perquisizioni in comuni delle provincie di Varese, Milano, Brescia, Como, Monza, Lodi, Pavia, Novara, Treviso e Agrigento.

Attraverso la costituzione di società ‘cartiere’, i 3 indagati hanno emesso ingenti volumi di fatture per operazioni inesistenti. Uan volta ricevuto il pagamento, erano soliti retrocedere il denaro in contanti ai propri ‘clienti’ beneficiari delle fatture false, in cambio di una provvigione che andava dal 5% all’8% dell’imponibile indicato in fattura.

In tutto sono 70 le aziende sotto indagine che, dal 2017 al 2021, hanno usufruito di 30 milioni di euro di fatture per operazioni inesistenti oltre all’Iva indebitamente detratta per 4 milioni di euro.

Le Fiamme Gialle hanno perquisito abitazioni ed aziende ricoducibili ai 3 arrestati, con il supporto di 3 unità cinofile antivaluta (cash-dog) e di scanner di ultima generazione per rilevare la presenza di denaro nascosto. Proprio durante questa ricerca sono state trovate oltre 40 carte di credito usate per ritirare il contante e, nascosti un’intercapedine, 260 mila euro, insieme ad orologi di pregio, come Rolex e Cartier.

A dare il via alle indagini sono state alcune segnalazioni di operazioni sospette diffuse dal Uif di Bakitalia, su cui i finanzieri del gruppo di Busto Arsizio hanno indagato, intercettando le società ‘missing traders’, costituite solo per creare l’evasione di cui beneficiavano i ‘clienti’ della cartiera medesima, per poi sparire senza lasciare alcuna traccia.

Gli indagati hanno standardizzato una prassi contabile per sofddisfare i loro ‘clienti’. Le fatture fittizie giustificavano i bonifici ricevuti ‘clienti’ a cui veniva restituito il denaro contante (corrispondente all’importo indicato nella fattura emessa) al netto di una provvigione variabile costituente il compenso per il “servizio” reso. Il sodalizio reclutava anche numerosi prestanome, che risultavano a capo delle società cariere.

La metodologia del sodalizio criminale consentiva a società di vari settori di conseguire ingenti risparmi di natura fiscale deducendo indebitamente costi e (spesso) detraendo Iva a credito, perchè generati grazie al giro di false fatturazioni. Il sistema permetteva anche a soggetti possessori di ingenti quantità di denaro contante, di dubbia provenienza, di ripulire il denaro reinserendolo nel circuito legale.

(LaPresse)

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