Vaticano, maxiprocesso reati finanziari al via da domani: tra gli imputati Becciu

Inizia domani, dopo due anni di indagini, il maxiprocesso per reati finanziari in Vaticano.

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse

CITTA’ DEL VATICANO – Inizia domani, dopo due anni di indagini, il maxiprocesso per reati finanziari in Vaticano. Per la prima volta, alla sbarra finiscono tutti: dal cardinale Giovanni Angelo Becciu, ex sostituto alla Segreteria di Stato, ai broker finanziari che avrebbero raggirato il Vaticano, passando per Cecilia Marogna, assunta come ‘intermediaria’ per liberare degli ostaggi dalle mani di gruppi terroristici in Africa.

Nella nuova aula allestita all’interno dei Musei Vaticani, il presidente del tribunale incontrerà domani dieci imputati, accusati a vario titolo di aver dilapidato decine di milioni dalle risorse della Santa Sede con investimenti sbagliati e donazioni in favore di enti di amici e familiari. Gli imputati, con accuse diverse di truffa, riciclaggio, autoriciclaggio, abuso d’ufficio, estorsione, corruzione, appropriazione indebita, peculato, rischiano il carcere, oltre a multe salatissime. Oltre a Becciu, rinviati a giudizio sono il suo ex segretario, monsignor Mauro Carlino, Fabrizio Tirabassi, che gestiva la cassa della Segreteria di Stato, René Bruelhart e Tommaso di Ruzza, ex vertici dell’authority finanziaria per l’antiriciclaggio, Marogna, il banchiere Enrico Crasso, l’avvocato Nicola Squillace, i broker Gianluigi Torzi e Raffaele Mincione.

Le indagini sono scattate dopo lo scandalo dell’acquisizione di un palazzo di lusso a Londra, a Sloane avenue 60, costato alla Santa Sede in tutto oltre 350 milioni di euro. L’affare immobiliare risale al 2014, quando la segreteria di Stato decise di investire 200 milioni di euro in un fondo gestito dal broker Raffaele Mincione: metà della cifra andò all’edificio, metà in altri investimenti. Quattro anni dopo, l’investimento originale aveva già perso 18 milioni di euro. Fu per questo che fu coinvolto Gianluigi Torzi, un altro broker, con il compito di far rientrare gli investimenti. Per i procuratori però Torzi ingannò la Santa Sede, ottenendo prima pieni diritti di voto sulla holding che gestiva l’immobile, con l’acquisto di oltre mille azioni, poi estorcendo al Vaticano 15 milioni di euro per ottenere il controllo dell’edificio che pensava di aver già acquisito. Mincione e Torzi sono accusati di frode, riciclaggio di denaro, appropriazione indebita, ma negano tutto.

Anche Becciu nega le accuse di appropriazione indebita e di pressioni su monsignor Alberto Perlasca, che aveva inizialmente gestito l’acquisizione del palazzo e che ora non è tra gli imputati. All’ex numero 2 della Segreteria di Stato è legata la figura di Cecilia Marogna, assunta nel 2016 come consulente di sicurezza esterna. I procuratori la accusano di aver sottratto 575.000 euro dai fondi vaticani, che Becciu le aveva messo a disposizione per gestire i riscatti di alcuni ostaggi cattolici. Ma i registri bancari rivelano i trasferimenti di denaro del Vaticano sono stati utilizzati per pagare i conti di negozi, boutique hotel e per acquistare beni di lusso.

di Maria Elena Ribezzo

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