Via ai saldi, il pianeta non si svende

No all’accumulo e sì all’acquisto ragionato: meglio pochi capi basic e di ottima qualità. L’industria della moda produce ogni anno 92 milioni di tonnellate di rifiuti e consuma 79 trilioni di litri di acqua: no alla fast fashion

Foto Claudio Furlan - LaPresse 04 Gennaio 2020 Milano (Italia) cronaca Prima giornata dei saldi invernali nel centro di Milano Photo Claudio Furlan - LaPresse First day of sales in Milan

NAPOLI – Oggi iniziano i saldi invernali, è l’appuntamento più atteso dell’anno per gli appassionati di moda. C’è chi è disposto a mettersi in fila all’ingresso dei negozi per accaparrarsi i capi migliori, e chi invece ha aspettato la mezzanotte per fare i primi acquisti sugli e-commerce. La possibilità di comprare capi di abbigliamento, che pochi giorni prima arrivavano a costare anche il doppio, crea un’enorme adesione dei consumatori. Tuttavia, quando pensiamo alle svendite siamo attirati dal risparmio in termini economici, non soffermandoci sulle conseguenze che gli acquisti possono avere sul nostro pianeta in termini di inquinamento.

Saldi: storia
In Italia la prima normativa di riferimento risale al 1980 con una legge che imponeva precise indicazioni nei confronti dei commercianti che volevano effettuare tali tipi di vendita promozionale. Adesso è il Codice del consumo a regolamentare la materia: le regole principali sono l’obbligo di esporre il prezzo prima e dopo lo sconto e lo sconto indicato in percentuale, la divisione netta delle merci a saldo da quelle non scontate e la possibilità di cambio in garanzia dei capi difettosi.

Inquinamento
In uno studio pubblicato nel 2020 dalla rivista Nature dal titolo ‘Il prezzo ambientale della fast fashion’ si analizza l’impatto ambientale del tessile e della moda, dalla produzione al consumo, in particolare sull’uso dell’acqua, l’inquinamento chimico, le emissioni di anidride carbonica e gli scarti tessili. L’impatto dell’industria della moda include oltre 92 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti all’anno e 79 trilioni di litri di acqua consumati. Ogni fase della produzione ha un impatto ambientale dovuto all’utilizzo di acqua, materiali, sostanze chimiche ed energia. Molte sostanze chimiche utilizzate nella produzione tessile sono dannose per l’ambiente, gli operai ed i consumatori. La fast fashion ha aumentato il flusso di materiale e oggi i marchi di moda producono quasi il doppio della quantità di abbigliamento rispetto a quanto facevano prima del 2000. Le attuali pratiche di consumo della moda si traducono in grandi quantità di rifiuti tessili, la maggior parte dei quali viene incenerita, messa in discarica o esportata nei paesi in via di sviluppo.

Etica
La logica ambientalista impone l’abbandono del superfluo ed il no categorico all’accumulo. L’etica green è attenta ai materiali e vieta gli acquisti compulsivi. Questi assunti ci spingono ad evitare gli acquisti nei periodi dei saldi. Comprare con le svendite spesso ci induce ad acquistare cose che non useremo mai, destinate a finire nella pattumiera senza essere mai state adoperate. Le offerte ed i saldi inoltre favoriscono la fast fashion: acquistare tanto a poco prezzo, e dopo una stagione al massimo gettare via e acquistare ancora, invece di prendersi cura, riparare e far durare. I materiali non sono eccellenti, principalmente sintetici e derivati dal petrolio, la cui produzione avviene su larga scala con costi ambientali drammatici. Per questa ragione sarebbe meglio fare acquisti più ragionati, concentrandosi sulla qualità dei prodotti.

Consigli ‘verdi’
Per prima cosa cerchiamo di comprare pochi indumenti di qualità. Facciamo attenzione al cartellino, leggiamo la composizione e compriamo materiali ecologici evitando materiali sintetici che inquinano e sono destinati a durare poco nel tempo. La seconda regola è orientare i nostri acquisti su indumenti in grado di superare le mode del periodo: una camicia bianca in cotone, un paio di pantaloni neri, un cappotto o un maglione in lana o cachemire sono capi in grado di superare le mode del periodo e resistere nell’armadio per anni. La terza regola è preferire il negozio sotto casa, e non rivolgersi ai punti vendita del fast fashion. In questo modo aiuteremo i piccoli commercianti che hanno subito per anni la crisi economica dettata dalla pandemia e, inoltre, eviteremo di inquinare utilizzando mezzi di trasporto per arrivare nei grandi centri commerciali. Meglio ancora orientarsi su capi usati e vintage. In questo modo amplieremo il ciclo di vita degli indumenti, dando ai capi una nuova possibilità ed evitando la pattumiera.

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