L’intervista. Nora Venturini: “Il teatro è luogo necessario dove potersi ritrovare”

SANTA MARIA CAPUA VETERE – Nata a Roma e laureata in lingue e letteratura straniera, Nora Venturini è regista, sceneggiatrice e scrittrice di romanzi gialli. Moglie dell’attore Giulio Scarpati in questi giorni con la Compagnia ‘Gli Ipocriti’ di Melina Balsamo sta portando in scena ‘Il Misantropo’ di Moliere, tradotto da Cesare Garboli, di cui ha curato la regia.

Lo spettacolo ha fatto tappa ieri sera al Teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere, da stasera a domenica sarà al Teatro Verdi di Salerno, mentre giovedì 28 febbraio approderà al Teatro Gloria di Pomigliano d’Arco. Un lavoro che Venturini ha voluto attuale, rivisitandolo in chiave moderna. “Infatti – dice – l’ho un po’ rivisto per renderlo più diretto in modo che arrivi allo spettatore del duemila in maniera più fresca”.

La storia è incentrata sul rapporto tra Alceste, il misantropo, e Solimene, di cui si è perdutamente innamorato. Una donna che in realtà impersona tutto ciò che lui ha sempre detestato, criticato, in quanto uomo onesto, integerrimo, sincero incorruttibile che non scende a compromessi con l’ambiente corrotto della corte. Odia la mondanità e l’esteriorità. Però si innamora proprio di una donna che è l’esempio di tutto ciò che lui ha sempre aberrato: Alceste infatti è estremamente frivola, vezzosa e non palesa mai il suo cuore all’esterno in quanto sostenitrice dei buoni rapporti con il mondo intero.

Un amore in netta contraddizione anche quello della stessa Alceste che tra i tanti corteggiatori che la incensano, la omaggiano e la vezzeggiano, è attratta solo da Solimene che pure la critica in maniera aspra e aperta davanti a tutti.

Ci spieghi come si diventa regista e sceneggiatrice teatrale?

Durante i miei studi continuavo a fare del teatro, la mia passione di sempre. Fin da piccola avevo però studiato anche danza e, successivamente, movimento scenico. Così cominciai a fare l’assistente di due coreografi che insegnavano questa disciplina preso l’Accademia di Arte drammatica del teatro ‘Piccolo’ di Milano. Poi intrapresi il ruolo di aiuto regista e solo successivamente mi avviai con regie teatrali tutte mie. Invece per quanto riguarda la professione di sceneggiatrice iniziai grazie ad un mio amico regista televisivo che mi chiese di fare la coach, persona che insegna agli attori come dire le battute. Sa, in televisione si lavora in maniera molto veloce quando si gira una pellicola per cui necessita una guida. E’ così che iniziai a riscrivere dei dialoghi non abbastanza fluenti e musicali e poi le mie prime sceneggiature.

Ci parli della sua ultima passione, la scrittura.

Tre anni fa in un momento di pausa lavorativa scrissi un giallo: ‘L’ora di punta’. Da tener presente che prima di essere una scrittrice sono sempre stata una grande lettrice sia di classici che di contemporanei. E soprattutto della letteratura di genere ho sempre amato il giallo. Un tipo di romanzo che divide i lettori, tra quelli che non lo leggono e quelli che lo adorano. Il tipo di giallo che preferisco e che scrivo anch’io, non è quello all’americana sempre violento, con il serial killer, ma quello all’europea, all’italiana, insomma come i gialli di Camilleri che esplorano la natura umana negli ambienti quotidiani dove il male, l’assassino, è nella quotidianità. E’ colui che uccide spinto dai sentimenti.

E come sceglie l’assassino del suo giallo.

Ad esempio ho scelto la protagonista, la giovane tassista romana che è la mia detective e che sarà sempre la prima donna in una serie di avventure, assieme al commissario. In realtà scelgo prima l’ambiente dove far sviluppare la vicenda. Il primo libro l’ho ambientato nella Roma bene dei Parioli, il secondo nell’ambiente dell’immigrazione intorno alla Stazione Termini, all’Esquilino. Il terzo che sto scrivendo, invece, è un ambiente ancora diverso. E all’interno di questi luoghi che racconto le vicende di persone che hanno deragliato, che si sono spinte oltre ogni limite.

E l’altro romanzo, ‘Il Lupo mangia cane’?

E’ anch’esso è un giallo. E sempre lo stesso detective, come fa Montalbano. La mia protagonista è sempre lei, la fanciulla, una giovane donna che fa la tassista che però avrebbe voluto fare la poliziotta e finisce per ritrovarsi in queste situazioni. Ed ora sto scrivendo il terzo giallo, sempre per Mondadori.

I giovani e il teatro: lei ha una scuola che si chiama ‘Percorsi d’attore’, della serie: giovani generazioni di attori crescono.

Innanzitutto spero che i ragazzi vadano a teatro, che lo vedano, che lo seguano in quanto luogo necessario dove potersi ritrovare. In genere il teatro viene considerato cosa da vecchi, invece quando i giovani vengono a vedere uno spettacolo che parla anche di loro, dell’essere umano nella sua complessità, li vedo attenti, credo che per loro diventi utile e necessario. E poi li vedo partecipi: la nostra compagnia che sta portando in scena ‘Il Misantropo’ è fatta soprattutto da giovani. A parte Scarpati e Solarino che sono i protagonisti, il resto del gruppo è formato da ragazzi, gli stessi dello spettacolo ‘Una giornata particolare’ tratto dal film di Ettore Scola. Così abbiamo dato loro la possibilità di continuare questo percorso con un’opera importante.

Le scuole dovrebbero dunque incentivare i giovani ad appassionarsi al teatro?

Guardi, quando i professori portano i ragazzi a teatro ‘trascinandoli’ in una giornata che sarebbe stata di normale lezione, il più delle volte non ci vanno per un reale interesse ma per far festa a scuola. Diverso invece è quando si propone uno spettacolo di sera. Ci va chi è davvero motivato, interessato e mosso da curiosità.

Cosa dice ai ragazzi quando vengono per iscriversi al corso di recitazione?

Ritengo che erroneamente si pensi che fare l’attore sia un lavoro facile. Invece è un lavoro che richiede studio, rigore, autodisciplina. Noi sul set proviamo anche per otto, nove ore di seguito. E poi bisogna studiare la tecnica. Insomma un lavoro molto duro di cui i giovani che vogliono intraprendere questa professione devono essere ben consapevoli. Ecco cosa dico loro.

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