Governo, giovedì il confronto della maggioranza. Bonafede capo delegazione del M5S

Ogni forza politica vuol far sentire il suo peso

Foto Roberto Monaldo / LaPresse in foto Alfonso Bonafede, Giuseppe Conte

ROMA – Il paradosso di un governo nato apertamente in chiave anti-Salvini è acuire le differenze quando il leader della Lega si scopre battibile. Strano ma vero, la vittoria in Emilia Romagna non ha rinforzato l’alleanza e la verifica della maggioranza, che sarà giovedì alle 18.30, parte in salita. Il Partito democratico rivendica un ruolo più centrale. Mentre il Movimento 5 Stelle – che ha scelto il Guardasigilli, Alfonso Bonafede come nuovo capo delegazione nell’esecutivo – non perde occasione per ricordare che senza i voti dei loro 307 parlamentari non si va da nessuna parte. In questo quadro si infila anche Italia viva. Sollecitando un programma di riforme a partire dal passo indietro su Sugar e Plastic tax e la cancellazione di quota 100.

Al centro si trova Giuseppe Conte. Il premier ha il compito difficilissimo di tenere a galla “gli amici del Cinquestelle” nel momento più difficile della loro storia, aumentando contemporaneamente il peso specifico dei democratici senza irritare gli altri compagni di lavoro. Potrà però contare sull’apporto di Nicola Zingaretti, che ovviamente porta acqua al suo mulino, ma senza esagerare. Dopo la vittoria di Stefano Bonaccini poteva spingere molto di più sull’acceleratore, eppure ha preferito contenersi per non alimentare le divisioni in casa dell’alleato numero uno: il M5S.

Ogni forza politica vuol far sentire il suo peso

Il progetto di costruire un campo comune, nel nome del progressismo o del riformismo che dir si voglia – non si impiccano alla semantica al Nazareno – è ancora sul tavolo. Varrà fino alle prossime sfide elettorali (Campania, Liguria, Veneto, Puglia, Toscana e Marche). Ma senza una risposta positiva, non è detto che la mano sarà ancora tesa. Del resto, ilreggente, Vito Crimi, all’indomani della debacle in Emilia Romagna ha confermato che il Movimento correrà con i candidati scelti.

Prima che le urne si riaprano, comunque, ci sarà tempo per discuterne. Anzi, il primo assaggio del futuro prossimo avverrà proprio con la stesura dell’agenda di governo. Anche in questo caso gli alleati sembrano remare in direzioni opposte, tra chi vuole puntare tutto sul taglio del cuneo fiscale ai lavoratori (Pd) e chi invece rilancia il salario minimo (M5S). Nel mezzo manca, però, l’intesa su tanti temi: la revoca delle concessioni autostradali ad Aspi, la riforma della giustizia con relativa riduzione della durata dei processi, le modifiche al sistema pensionistico, il futuro del reddito di cittadinanza e la posizione da tenere in Europa ad esempio sulla spinta di Bruxelles per tassare le Autorità portuali.

Non solo, perché l’accordo non è definito neppure sulla legge elettorale, dove la maggioranza parte dall’impianto base del ‘Brescellum’ (proporzionale puro con sbarramento al 5% e ‘diritto di tribuna’). Ma deve ancora trovare i punti di caduta sui dettagli. Nella verifica di giovedì, insomma, i nodi da sciogliere saranno tanti. Troppi, per rimandare ancora il confronto.

(LaPresse)

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