SAN CIPRIANO D’AVERSA Il suo omicidio era stato deciso dai capi dei Casalesi già nel 1992. Passarono però 11 anni fino al giorno in cui il commando entrò in azione in via Alifana a Santa Maria Capua Vetere per uccidere Sebastiano Caterino, detto l’everaiuolo. Con lui in auto c’era il nipote, Umberto De Falco. Fu massacrato anche lui. Forse i killer volevano evitare di colpirlo. Nella gragnuola di colpi esplosi,circa 50, qualcuno però colpì De Falco che viaggiava a fianco a Caterino a bordo della Golf. Morì poco dopo in ospedale. Per quel duplice delitto dopo le dichiarazioni di nuovi collaboratori di giustizia, ieri sono state eseguite otto misure cautelari in carcere. Sette dei destinatari erano già in cella.
L’unico ad essere libero era Agostino Moronese, 52 anni, di Santa Maria Capua Vetere. Gli altri indagati a cui il provvedimento è stato notificato in carcere sono invece Michele Zagaria, 63 anni, di Casapesenna; Francesco Schiavone Cicciariello, 68 anni, di Casal di Principe; Enrico Martinelli, 57 anni, di San Cipriano d’Aversa; Giuseppe Caterino, 67 anni, di San Cipriano d’Aversa; Corrado De Luca, 54 anni, di San Cipriano d’Aversa; Pasquale Spierto, 53 anni, di San Cipriano d’Aversa; Claudio Virgilio, 44 anni, di Villa di Briano. I carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, nei confronti delle 8 persone ritenute gravemente indiziate del duplice omicidio di Sebastiano Caterino, 48 anni, di San Cipriano d’Aversa e Umberto De Falco, 32 anni avvenuto a Santa Maria Capua Vetere il 31 ottobre 2003. All’inizio degli anni 2000, conclusasi la faida di Villa Literno tra i Bidognetti ed il gruppo Ucciero-Tavoletta e dopo le vicende processuali che avevano condotto all’arresto di capi nonché di numerosi affiliati del clan dei Casalesi, la fazione Schiavone si ricompattò intorno alla figura di Francesco Schiavone “Cicciariello”.
Quest’ultimo, uscito dal carcere di Spoleto e dopo aver assunto la direzione criminale del clan, volle immediatamente riaffermare l’egemonia dei Casalesi nei confronti di coloro che ne avevano ostacolato l’ascesa; tra questi Sebastiano Caterino che, scarcerato nel maggio 2002 e stabilitosi a Santa Maria Capua Vetere, costituì un gruppo autonomo, di cui faceva parte anche Umberto De Falco. La mattina del 31 ottobre 2003 le vittime si trovavano a bordo della Volkswagen Golf Gti, condotta da Caterino, la cui marcia veniva sbarrata da un’Alfa 166 consentendo il sopraggiungere di un’altra autovettura dalla quale scendeva, entrando in azione, il commando di killer che esplodeva numerosi colpi d’arma da fuoco all’indirizzo delle vittime. I carabinieri, accorsi sul posto, rinvennero Sebastiano Caterino ormai deceduto mentre Umberto De Falco, gravemente ferito, morì qualche ora dopo, in ospedale. Nel corso del sopralluogo furono repertati decine di bossoli riconducibili ad armi da guerra, mentre le autovetture utilizzate dal commando vennero successivamente ritrovate carbonizzate a San Tammaro e a Grazzanise. L’omicidio di Sebastiano Caterino era stato deciso da tempo, posto che era un nemico dell’associazione del clan dei Casalesi sin dagli anni 1990 (l’omicidio era stato già deciso nel 1992, quando, dopo la scissione all’interno dei Casalesi, l’associazione per delinquere di tipo mafioso aveva deciso di schierarsi contro di lui). L’omicidio non era stato portato a termine, perché Caterino era stato ristretto in istituto detentivo fino a maggio 2002; che, dopo tale periodo, come risultava dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – Francesco Schiavone, alias Cicciariello, stava cercando di riunire il clan dei Casalesi, coinvolgendo in tale progetto anche Sebastiano Caterino, che iniziò a ricevere la somma di 3mila euro al mese dall’associazione; che, però, senza autorizzazione dei Casalesi aveva iniziato ad intraprendere autonomamente la commissione di estorsioni nel territorio controllato dall’associazione, la quale decise nuovamente di ucciderlo. La vittima designata del raid era soprattutto Caterino. Quest’ultimo nel 1991, a Frignano fu preso di mira dai Casalesi e sfuggi ad un agguato solo grazie all’intervento di alcuni carabinieri liberi dal servizio, che intervennero riuscendo a mettere in fuga i killer.