L’ospitata a Sanremo di Roberto Saviano che ha utilizzato a pretesto le stragi di Capaci e via D’Amelio per promuovere il suo nuovo programma televisivo non è passata inosservata a chi analizza la società e soprattutto è in prima linea nella lotta ‘vera’ alle mafie.
A ‘ripudiare’ colui che ha fatto dell’anticamorra uno strumento per diventare divo è lo scrittore Nando Dalla Chiesa che su stampomafioso.it ha voluto fare un raffronto tra due scene, avvenute a poche ore di distanza l’una dall’altra ma che racchiudono tutto ciò che significa essere anticamorra.
Dalla Chiesa evidenzia come il 4 febbraio a Corsico, nell’hinterland milanese, sia stato ricordato Pietro Sanua, sindacalista vittima della ‘ndrangheta. Alla commemorazione c’erano 8 sindaci, il figlio Lorenzo, la moglie Francesca e Lucia, una studentessa 17enne che ha fondato un presidio di Libera al liceo Beccaria di Milano. Leggono, chiedono giustizia e soprattutto auspicano che la legalità sconfigga la criminalità. Tutto senza i riflettori di stampa e tv.
Dalla Chiesa poi scrive che guardando questa scena, di colpo, “mi vengono in mente le immagini di Sanremo di nemmeno 24 ore prima. Come se il mondo si ribaltasse. Saviano che presenta al Festival la sua prossima trasmissione televisiva con il puro pretesto di ricordare Falcone e Borsellino (uccisi in maggio e in luglio…), dopo essere sceso dalle scale come un divo, totalmente privo di memoria storica (la gente che “iniziò a ribellarsi dopo le due stragi”: gli manca il decennio prima, i centomila contro Cutolo, le fiaccolate palermitane, i diecimila del Palalido a Milano…qualcuno lo faccia studiare, per favore)… È a quel punto che sento “mia”, visceralmente mia, questa folla. Avverto una vertigine, l’abisso morale che mi separa, che ci separa, dallo spettacolo ineffabile andato in onda, da estraneo assoluto, come per imperio, dentro il Festival. Vedo Lorenzo che a Corsico si batte contro la ‘ndrangheta, forte delle sue ragioni e di chi gli vuole bene, e che va a lavorare in cantiere senza un agente di scorta, che mai fra l’altro chiederebbe. E Francesca Grillo, anche lei nella folla, giovane e luminosa giornalista del ‘Giorno’, minacciata in pubblico dal boss Papalia, pure lei senza scorta. Non ho nulla contro le celebrità dell’antimafia (adoro Pif, per esempio). Ma so misurare le cose e afferrarne il senso. I due scenari messi uno accanto all’altro nell’arco di un giorno sono incompatibili. Per questo alla fine ho giurato in pubblico a Lorenzo che io starò solo in quello costruito con fatica da lui e dai tantissimi come lui nella storia di questo Paese. Non per demagogia ma per ripulsa etica verso l’altro. Allo scalone da divi e alle auto-promozioni travestite da ‘memoria degli eroi’ dell’antimafia, preferisco l’antimafia dai piedi scalzi”.