I figli dei boss a un passo dalla libertà: si ‘candidano’ a essere i leader del clan dei Casalesi

CASAL DI PRINCIPE – Arresti, confische e collaborazioni con la giustizia: magistrati e investigatori, con grande sforzo, negli ultimi dieci anni sono riusciti a mettere alle corde due delle cosche più feroci della Campania. Parliamo del gruppo Schiavone e dei Bidognetti. Tra gli anni Novanta e gli inizi del Duemila la loro ala militare ha terrorizzato la provincia di Caserta, ma è stata praticamente azzerata, resa inerme. Anche la struttura economica che garantiva denaro alle famiglie degli affiliati finiti in cella è stata drasticamente indebolita. La cosiddetta ‘cassa comune’ che rendeva solido il clan dei Casalesi è un lontano ricordo. C’è il rischio, però, che le prossime scarcerazioni diano nuova linfa alle compagini mafiose.

Tra il 2023 e il 2024 potrebbero tornare in libertà i figli dei capiclan Francesco Sandokan Schiavone e Francesco Bidognetti, alias Cicciotto ‘e mezzanotte. Il primo a lasciare la prigione sarà Gianluca Bidognetti (adesso è nel carcere di Terni). Venne arrestato nel 2008 e ha accumulato condanne per circa 20 anni di reclusione (è stato ritenuto colpevole di due tentati omicidi, di associazione mafiosa e protagonista anche di un giro di falsi certificati grazie ai quali avrebbe ottenuto il permesso di incontrare la fidanzata in prigione). Verso la fine dell’anno prossimo (mese più mese meno), misure di sorveglianza permettendo, potrebbe già tornare nell’Agro aversano.

All’uscita dell’erede di Cicciotto ‘e mezzanotte dovrebbe far seguito quella di Emanuele Libero Schiavone (adesso è nella prigione di Siracusa): a detta di molti investigatori è lui il delfino di Sandokan. Fu catturato nel 2012 dalla Squadra mobile di Caserta, all’epoca guidata dal vicequestore Alessandro Tocco. A far scattare le manette per Sandokan jr fu il raid di cui si rese protagonista il 24 dicembre 2011 insieme a Gaetano Diana, figlio del boss Elio. I due, dopo avere perso alcune centinaia di euro alle slot installate in un locale di Casale, minacciarono il gestore ordinandogli di aprire la cassetta blindata di un cambiamonete per rubarne il contenuto. Dinanzi al rifiuto del commerciante decisero di reagire sfasciando l’aggeggio con un flex e una mazza di ferro.

Una volta fuori dal carcere, Gianluca Bidognetti ed Emanuele Libero Schiavone (assistiti dai legali Domenico Della Gatta e Paolo Caterino), se decidessero di non voltare pagina, di continuare a vivere seguendo le logiche mafiose, si ritroverebbero al vertice delle rispettive cosche. Un ruolo di comando che raggiungerebbero non tanto per ‘capacità criminale’, ma per il loro essere ‘figli di’ e soprattutto perché gli altri boss che potrebbero fare loro ombra o sono pentiti o alle prese con l’ergastolo.

Emanuele Libero ha i fratelli Nicola e Walter ‘fuori gioco’, dato che hanno scelto di intraprendere un percorso di collaborazione con la giustizia. Gianluca Bidognetti ha i germani Aniello alle prese con il carcere a vita e Raffaele ‘o puffo pentito.

Il peso del cognome che portano e i precedenti (di non poco conto) maturati rischieranno di rappresentare un attrattivo per le eventuali nuove leve, oltre che a dare ai due l’autorità mafiosa per riorganizzare gli altri affiliati che sono già tornati a circolare nell’Agro aversano.
Con le loro scarcerazioni parte degli importanti risultati ottenuti da magistrati e forze dell’ordine fisiologicamente potrebbero essere intaccati. Ma è anche vero che, se decidessero di prendere effettivamente in mano le redini delle cosche, si ritroverebbero ad operare in un contesto del tutto diverso rispetto a quello dove sono cresciuti.

La lotta alla mafia ci ha insegnato che è dura a morire la criminalità organizzata silenziosa, abile a muovere valigette piene di denaro per corrompere funzionari e politici, capace di entrare in contattato con i vertici di colossi imprenditoriali. Quella che spara, chiassosa, che uccide, che fa pesare la propria presenza sul territorio, cioè proprio quella in cui erano ‘bravi’ Gianluca Bidognetti, Emanuele Libero e i rispettivi genitori, ha vita breve. Insomma, dovrebbero reinventarsi. E la speranza, anche grazie all’impegno di magistrati e forze dell’ordine, è che non ci riescano.

Già fuori i generali di Zagaria

Se le cosche Bidognetti e Schiavone starebbero aspettando l’uscita dei figli dei loro leader per dare un nuovo impulso alle attività malavitose, chi ha già tutti fuori i pezzi da novanta è il gruppo guidato da Michele Zagaria Capastorta (nella foto): il boss trascorrerà il resto della sua vita in prigione, ma chi negli anni scorsi lo ha affiancato nella gestione della compagine, cioè i fratelli Carmine, Pasquale e Antonio, sono già liberi: hanno scontato tutte le condanne con sentenza definitiva incassate. Non si trova più in cella da diversi mesi neppure il delfino di Capastorta, il nipote Filippo Capaldo (figlio di Beatrice Zagaria). Restando sul gruppo di Casapesenna, di recente si sono messi il carcere alle spalle anche Costantino Diana e Nicola Del Villano. La presenza sul territorio di esponenti di spicco della cosca Zagaria potrebbe dare nuova forza ai suoi business illeciti.

Si sono registrati negli ultimi mesi scarcerazioni eccellenti anche tra le fila degli schiavoniani: sono liberi Elio Diana, cognato del boss Francesco Schiavone Cicciariello, e Antonio Mezzero, ex capozona del Basso Volturno.

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