CASERTA (so) – Sarà un Natale di dolore e povertà per molti allevatori bufalini casertani, sicuramente per le tante vittime delle ordinanze di abbattimento per sospetta o meno brucellosi o tubercolosi. Un Natale da trascorrere nel ricordo dei loro animali che oggi non ci sono più: oltre 100 mila capi abbattuti in 10 anni per sospetta brucellosi o tubercolosi non confermata, poi, nell’oltre 98 per cento dei casi, dalle indagini post mortem. In tanti ci hanno creduto, hanno sperato, ma invano. In tanti, dopo gli abbattimenti, hanno provato a ripartire, ripopolando laddove possibile, rilevando una nuova azienda laddove possibile, indebitandosi comunque fino al collo.
Per molti è stato come provare a vivere una seconda vita, la prima annientata senza pietà, la seconda praticamente di stenti e incertezze. Ancora una Natale senza un euro in tasca per tanti e con le scadenze dei debiti contratti per provare a resistere. Non raccontano volentieri le loro storie, preferiscono evitare che si scriva il loro nome o che gli si scatti una foto. Temono di essere mal visti, vessati e aggrediti più di quanto non lo siano già stati, ci sottolineano. “Non ha idea di quanto abbiamo speso, e quanto ci abbiamo rimesso”, ci dice Giacomo, alla sua seconda prova, dopo che l’Asl anni fa gli aveva ordinato l’abbattimento dell’intera stalla a Grazzanise. La sua è una storia comune a quella di tanti altri, fatta di “poche certezze e di nessuna chiarezza”.
“E’ assurdo, a noi ci considerano come dei criminali. Ci alziamo alle 5 del mattino, scendi a lavorare e non sai quando rientri. Fai i calli alle mani per portare avanti la famiglia e alla fine la colpa è pure tua. Ci fanno indebitare ma non si risolve mai nulla ed ogni volta che arriva qualcuno in azienda, ci dicono cose diverse, cambia il percorso. Vorrei sapere perché in tutto il mondo risolvono e qui no. Ognuno che viene cambia il percorso. Ma noi, alla fine, a chi dobbiamo dar retta? Forse il mio errore è stato quello di voler lavorare o addirittura di nascere!”. “Ho moglie e tre figli – continua – e mi viene da piangere. Ero così contento di questa attività ma mi hanno distrutto. Come faccio a chiedergli di continuare l’attività, di portare avanti l’azienda? Meglio raccattare cicche. Non esiste”. “Anche questo – ci dice Francesco di Cancello e Arnone (nome ovviamente di fantasia) sarà un Natale di delusione. Avremmo voluto trovare sotto l’albero un commissario nominato da Roma, speriamo di no trovare altra brucella. E così come abbiamo fatto pasqua faremo Natale sperando che qualcosa cambi. Ma segnali, purtroppo, non se ne vedono. Anzi, se da un lato i nuovi focolai ci tengono nuovamente in ostaggio, le nuove sperimentazioni della Regione portate avanti senza alcuna certezza sull’efficacia e sulle conseguenze, come il metodo Elisa, fanno pure peggio, un macello”. “A noi che avevamo animali sani – ci racconta Francesco – hanno voluto fare p le nuove analisi, il test Elisa, che è uscito positivo. Ma mica ci hanno detto che fare, come salvaguardare la stalla? L’unico modo che abbiamo per salvaguardare gli animali, visto che ci vietano qualsiasi forma di autocontrollo, è distanziare, isolare gli animali ma le garantisco che restare nel limbo, nell’incertezza, non ci farà passare certo un buon Natale”.
“Il sereno Natale lo si augura a tutti ma la verità è che a noi manca qualsiasi possibilità di essere sereni, e se denunci ti ritrovi fuori l’azienda l’intera task force e le multe sono al massimo previsto. E’ orribile, mi creda. E la cosa più terribile è che questo sistema finisce per distruggere il territorio”. “Natale di grande difficoltà economica – aggiunge Antonio -, i pochi soldi conservati sono andati via per i lavori biosicurezza e ulteriori adeguamenti. Parliamo di centinaia di migliaia di euro sperando che questi investimenti si rivelino efficaci. Avremo l’ennesimo Natale povero e davvero non capisco se la Regione Campania non ci capisce nulla o fa finta di non capirci”. E se il Natale di speranza è andato deluso, non manca chi guarda oltre. Francesco spera nell’Epifania e taglia corto: “La Befana porta il carbone a chi si è comportato male. E chissà che a De Luca non porti un commissario”
Emergenza brucellosi, anno da dimenticare
CASERTA (Sergio Olmo)– Un Natale da dimenticare, un anno da cancellare il 2023 per gli allevatori bufalini del Casertano, da anni vittime del clamoroso fallimento delle politiche regionali che sulla carta avrebbero dovuto debellare brucellosi e tubercolosi bufalina. Ma così non è stato. Persino l’ultimo piano regionale, trionfalisticamente salutato dal governatore Vincenzo De Luca e dal direttore dell’Istituto zooprofilattico di Portici, Antonio Limone, a marzo 2022 è fallito miseramente, benché non ne sia convinto il commissario regionale Luigi Cortellessa, nominato all’epoca proprio per attuare le contestate misure contenute in quella programmazione.
A far da contraltare alle dichiarazioni di Cortellessa, che appena una settimana fa annunciava un netto miglioramento della situazione nel Casertano dal 2021, sottolineando il calo degli abbattimenti e una diminuzione della popolazione bufalina di appena il 2,65 (quasi fosse comunque una buona notizia), ci ha pensato il Coordinamento unitario per la difesa del patrimonio bufalino, che in una conferenza stampa, convocata in una stalla nella zona di Borgo Appio, tira fuori i dati ufficiali, quelli del Siv, il Sistema informativo veterinario che nei fatti spengono clamorosamente gli annunci del commissario regionale.
Quel dato dell’11,5, relativo all’incidenza della brucellosi nel Casertano griderebbe infatti vendetta. Soprattutto perché è due volte e mezza rispetto a quel 4,5 che sarebbe stato poi l’obiettivo dichiarato dal Piano regionale. E mentre i focolai aumentano, quello che diminuisce, a dispetto dell’ottimismo della regione, è il numero delle aziende. Ben 11 quelle chiuse nell’ultimo anno che, ancora non si è concluso. E i focolai? Almeno 60. Almeno, perché proprio in questi giorni dovrebbero saltar fuori i risultati più o meno definitivi, dei numerosi “casi sospetti” rilevati dai veterinari dell’Asl casertana. E i nuovi casi rispetto quelli già aperti? Il 7%. E tutto questo, si tuona dal Borgo Appio, a fronte di una spesa, soldi pubblici, di circa 650 mila euro.
A ben guardare i computi, quello che effettivamente si riesce a leggere è la statistica della canna del gas, che mal giustificherebbe l’ottimismo del commissario: diminuisce infatti la prevalenza ma aumenta l’incidenza. Come a dire, abbiamo nuovi focolai (e interessante sarebbe capire dove, nda). Talché, al di là del gioco dei numeri dei quali abbiamo già parlato in altri articoli, la domanda alla quale andrebbe trovata una risposta è e resta una ed una sola: ma se aumentano i focolai, non è che per caso la situazione è effettivamente fuori controllo come affermano gli allevatori?
“Tutto questo – ha sottolineato il portavoce del movimento, Gianni Fabbris – conferma le nostre previsioni: la brucellosi in provincia di Caserta da cronica si sta trasformando in acuta per l’incapacità della Regione di gestire le attività e per la struttura stessa del Piano destinato al fallimento o alla riuscita in una sola condizione: il totale abbattimento degli animali e delle stalle nella inutile rincorsa ad una eradicazione che stanno fallendo. Altro che risultati positivi”.
“Un fallimento chiarissimo – aggiunge – che sta proprio in quei numeri che la Regione Campania cerca di interpretare in maniera strumentale rilevando incapacità, malafede e dilettantismo”.
Gli allevatori tornano dunque alla carica, tornano dunque a rivolgersi al Governo di Giorgia Meloni e al parlamento perché accelerino i tempi della nomina di un commissario nazionale perché si costituisca una Commissione di garanzia per la verifica dei numeri e delle certificazioni di primo e secondo livello, perché disponga un protocollo chiaro e definitivo sulle procedure da adottare per l’attuazione dell’articolo 9 del della Direttiva comunitaria 689 del 2020 che distingue nettamente i casi sospetti e quelli confermati con relativi differenti destini degli animali, e perché attivi un Tavolo di trasparenza e partecipazione di tutti i soggetti interessati che la Regione non ha voluto istituire.
Complessivamente quanto di fatto già sancito dall’ordine del Giorno della parlamentare Giovanna Petrenga approvato all’unanimità dal Senato in occasione del via libera al vecchio Milleproroghe, più volte riportato da Cronache.
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