Clan dei Casalesi, i Bidognetti sono pronti a uccidere ancora: contano su armi e manovalanza albanese

Già nel 2021 erano intenzionati a eliminare un sanciprianese: secondo gli investigatori Gianluca ‘Nanà’ diede mandato al figlio di Gaetano Cerci di organizzare il raid.

Teresa Bidognetti, Gaetano Cerci, Gianluca Bidognetti e Antonio Lanza
Teresa Bidognetti, Gaetano Cerci, Gianluca Bidognetti e Antonio Lanza

I bidognettiani erano pronti a uccidere già nel 2021, quando a guidare la cosca, dal carcere di Terni, c’era Gianluca Nanà“, figlio del capoclan “Cicciotto ‘e mezzanotte“. Usando i telefonini che circolavano clandestinamente nella prigione, dove era recluso nel reparto di alta sicurezza (adesso è al 41 bis), riusciva, dice la Dda di Napoli, a dettare la linea agli affiliati che erano liberi di muoversi nell’Agro Aversano. Ma le sue chiamate dalla cella sono state (quasi) tutte ascoltate dai carabinieri che, coordinati dai magistrati Maurizio Giordano e Vincenzo Ranieri, hanno potuto tracciare le principali iniziative criminali che il rampollo aveva disposto.

Tra queste c’era l’organizzazione di un agguato ai danni di Attilio Guida, zio di Emilio Martinelli, ritenuto dagli inquirenti un esponente di spicco della cosca dei sanciprianesi. Cosa aveva spinto Nanà a ordinare il raid? Un litigio verificatosi tra due giovanissimi (uno, suo congiunto, e l’altro legato a Guida). Ma sullo sfondo c’era altro: una forte tensione e pesanti incomprensioni criminali che il gruppo di Cicciotto e i sanciprianesi (sia quando a guidarli c’era Oreste Reccia, storico esponente schiavoniano del clan dei Casalesi, sia quando a dirigerli, ritiene l’Antimafia, era rimasto il solo Emilio – arrestato lo scorso ottobre), si trascinavano avanti da tempo.


È una storia, questa, che, in parte, abbiamo già raccontato, emersa nell’inchiesta che nel 2022 ha fatto scattare 37 misure cautelari e già fatto pure condannare numerosi imputati per mafia ed estorsioni, tra cui proprio Gianluca Bidognetti. Alla luce di quanto sta accadendo ora con gli Schiavone, quello spaccato è fondamentale perché rende l’idea della forza criminale del gruppo che inneggia a Cicciotto ‘e mezzanotte e degli uomini su cui potrebbe ancora contare per organizzare agguati. Insomma, erano pronti a spargere sangue tre anni fa e, recentemente, hanno dato dimostrazione di poterlo fare ancora.

Tornando alla vicenda del 2021, chi avrebbe dovuto preparare quel raid di morte, stando a quanto emerso nell’attività investigativa, è Umberto Cerci, figlio di Gaetano (esponente di spicco del clan dei Casalesi) che dovrebbe lasciare il carcere nel 2027. Il giovane, secondo gli investigatori, aveva ricevuto l’ordine direttamente da Gianluca Bidognetti, motivo per il quale aveva delegato a due albanesi di compiere l’omicidio, coinvolgendo nell’operazione anche Antonio Lanza, alias “Piotta“, capozona per i Bidognetti su Lusciano (ora collaboratore di giustizia).

L’agguato non si concretizzò perché intervenne Teresa Bidognetti, figlia del capoclan Cicciotto e moglie di Vincenzo D’Angelo Biscottino” (da dicembre 2022 collaboratore di giustizia), che convinse il giovane Cerci a fermarsi e a non dar seguito all’ordine del fratello Gianluca. Questa potenzialità militare tracciata qualche anno fa dà sostegno alla tesi che dietro alle ‘stese’ di poche settimane fa verificatesi in piazza Mercato a Casale e in via Ovidio a San Cipriano e al raid di piombo contro il portone di casa Sandokan, in via Bologna, ci sia proprio chi ora si trova al vertice del gruppo Bidognettiano.

Hanno armi e possono sfruttare manovalanza estera per realizzare azioni violente. Se hanno agito, dando prova di essere capaci e intenzionati ancora a uccidere, è per reazione al tentativo di Emanuele Libero Schiavone di inserirsi, poco dopo essere tornato in libertà (era stato scarcerato il 15 aprile scorso), nel business della droga e delle estorsioni controllato da persone legate ai Bidognettiani. Nonostante la scelta del padre, fondatore del clan dei Casalesi, presa lo scorso marzo, di iniziare a collaborare con la giustizia (percorso complicato e dall’esito incerto), Emanuele Libero ha scelto di non staccarsi dalle logiche mafiose e restare a Casale.

Scelta che però gli ha fatto riaprire le porte del carcere (dove ha già trascorso 12 anni della propria vita): è stato arrestato con l’accusa di essersi armato proprio per colpire i rivali. Non sono stati ancora individuati, invece, gli autori della sparatoria e degli spari contro il cancello della casa di via Bologna. In merito all’organizzazione dell’agguato a Guida, per quanto è in nostra informazione, l’autorità giudiziaria non ha proceduto nei confronti di Cerci (non risulta indagato ed è da ritenere innocente fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile).

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