CASAL DI PRINCIPE – Per i Bidognetti è stata una scelta, per i Bardellino una costrizione. Cause diverse che hanno portato allo stesso risultato. Quale? Entrambe le famiglie mafiose si sono ritrovate a mettere radici a Formia.
I parenti del sanciprianese Antonio Bardellino, per avere salva la vita, alla fine degli anni Ottanta vennero spediti nel Basso Lazio da chi aveva conquistato il vertice dell’organizzazione criminale dell’Agro aversano. E proprio sulla costa, a pochi chilometri da Gaeta, gli eredi del padrino scomparso nel 1988, mentre era in Brasile, avrebbero lavorato per strutturare fiorenti business illegali (esportando lì ciò che facevano in Terra di Lavoro).
L’arrivo a Formia della compagine di Francesco Bidognetti, alias Cicciotto ‘e mezzanotte, rientra, invece, in una sua azione di espansione malavitosa: da Giugliano, dove è in stretta connessione con i Mallardo, passando per Castelvolturno, area in cui, anche grazie ai rapporti con le cosche napoletane, riesce a essere tuttora presente e incisiva, ha semplicemente continuato a risalire il litorale. Inoltre, proprio a Formia si è trasferita Katia Bidognetti, figlia di Cicciotto, prima come moglie di Giovanni Lubello e poi come compagna di Carlo D’Angiolella.
Gli spari
Preso atto di questo scenario, per molto tempo, nella stessa città hanno coesistito in apparente calma bardelliniani e bidognettiani. Ma negli ultimi anni questa convivenza sarebbe stata caratterizzata da tensioni, sfociate – questa è l’ipotesi su cui stanno lavorando gli investigatori – anche in un agguato (fallito). Ci riferiamo ai colpi della calibro 9×21 esplosi il 15 febbraio 2022 nei pressi della concessionaria d’auto Buonerba.
Target di quei proiettili era Gustavo Bardellino, nipote del boss Antonio. L’attività investigativa, che aveva fatto scattare ad agosto dell’anno scorso alcune perquisizioni, ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati, in connessione all’agguato, l’imprenditore Luigi Diana, 48enne originario di Casapesenna, ma da tempo trasferitosi a Formia, e il già citato Lubello. Il prosieguo del lavoro della Dda di Roma starebbe facendo emergere elementi sul fatto che dietro a tale raid di piombo ci sarebbero incomprensioni mafiose. Da un lato i Bardellino, dall’altro chi è legato ai Bidognetti.
L’intesa con gli Schiavone
Al di là di potenziali scontri sulla gestione di affari loschi e competenze territoriali, a rendere non felice la relazione tra i Bardellino e i Bidognetti, ci sarebbe anche l’avvicinarsi dei primi alla fazione Schiavone. Una manovra tracciata nell’indagine, condotta dal pm Vincenzo Ranieri della Dda di Napoli, che punta pure a far luce sulla scomparsa del boss Bardellino (per Spartacus è stato ucciso da Mario Iovine in Brasile, ma, di recente, sono emersi indizi che lasciano pensare a una sua fine diversa da quella scritta nel processo).
La Procura partenopea sostiene che sia stato creato un nuovo asse tra i Bardellino, nelle persone di Gustavo e suo cugino Callisto, con esponenti di spicco dell’ala Schiavone, come Romolo Corvino ed Vincenzo Di Caterino. Un’alleanza che, non è da escludere, avrebbe potuto indispettire i Bidognetti. Questi ultimi, se nel febbraio 2022 erano ancora in piena forza, tre mesi dopo hanno ricevuto un duro colpo dall’Antimafia partenopea, con il blitz che ha portato agli arresti (e anche già alla condanna) di numerosi soggetti ritenuti intranei o in rapporti con la cosca di Cicciotto: tra loro ci sono Gianluca, il figlio del boss, ritenuto il nuovo leader del gruppo (adesso è al 41 bis), e le sorelle Katia e Teresa.
Se Katia è tornata a Formia, Teresa, invece, si trova in località protetta perché ha accettato di aderire al programma di protezione offertole dopo il pentimento del marito, Vincenzo D’Angelo.
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