La Dda cerca Antonio Bardellino vivo

Una fonte della Squadra mobile di Latina: “L’ho incontrato in aeroporto a New York. E’ stato anche a S. Cipriano per il matrimonio del figlio”

Antonio Bardellino e gli agenti della Dia

SAN CIPRIANO D’AVERSA – Ucciso in Brasile tra il 24 e il 26 maggio del 1988 per mano di Mario Iovine: è ciò che dicono di Antonio Bardellino i giudici di ‘Spartacus I’. Ma è una verità processuale, datata 2005, che non convince più la Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Intercettazioni, mail, testimonianze e fotografie raccolte negli ultimi anni da poliziotti, finanzieri e agenti della Dia, l’hanno spinta a ritenere che il mafioso, se non ancora in vita adesso, verosimilmente in Sudamerica, sia morto in un’epoca diversa rispetto a quella tracciata nella sentenza.

Le perquisizioni

È anche per cercare ulteriori elementi (e dare più forza a questa tesi) che, ieri mattina, il magistrato Rosa Volpe, coordinatrice della Dda partenopea, e il pubblico ministero Vincenzo Ranieri, titolare dell’inchiesta sulle recenti e presunte attività mafiose messe in atto dagli eredi di Bardellino, hanno dato mandato alla Dia di perquisire le abitazioni dei parenti del boss, ora residenti in Italia, e di vari personaggi che sarebbero potuti essere in contatto con lui. Gli investigatori cercano la verità in telefonini, documenti contabili, lettere, ritratti, foto e pc sequestrati ieri mattina. In attesa di capire cosa emergerà dall’analisi di questo materiale, la Dda, però, ha già una base relativamente solida per poter esprimere profondi dubbi su quanto è stato raccontato finora in relazione all’assassinio di Bardellino.

La foto a casa del nipote

La prova regina è una foto che ritrae un uomo a mezzo busto, di un soggetto sconosciuto, trovata dalla Squadra mobile di Latina il 24 novembre 2011. I poliziotti la sequestrarono in occasione dell’arresto di Angelo Bardellino, figlio di Ernesto e nipote di Antonio. Su quell’immagine ha lavorato la polizia scientifica comparandola con la foto segnaletica del boss che sarebbe stato ucciso in Brasile. L’analisi svolta ha fatto esprimere agli esperti un giudizio di “compatibilità totale” tra l’immagine della persona “ignota” e quella di Bardellino. La comparazione ha fatto emergere anche che il soggetto sconosciuto ritratto nella foto sequestrata ha tra i 60 e i 70 anni. Cosa significa? Visto che, in base a quanto stabilito dalla Scientifica, quella persona va identificata proprio con Bardellino, il boss non può essere stato assassinato nel 1988, quando aveva 43 anni.

L’incontro a New York

A riferire agli agenti della Mobile di avvistamenti italiani di Bardellino è stato anche tale Giuseppe Favoccia, 70enne di Formia. Il 4 agosto 2015 raccontò agli agenti della Digos di aver incontrato il mafioso “presso lo scalo aeroportuale di New York” nel 2010 dove aveva accompagnato la figlia di Ernesto Bardellino. Il 7 agosto 2015 sempre Favoccia disse che il mafioso era ancora in vita e che cinque anni prima era tornato a San Cipriano d’Aversa per il matrimonio di uno dei suoi figli. Nel 2017, il formiano, sempre agli agenti della Mobile raccontò che Bardellino si era spostato tra il Paraguay e l’Uruguay, dove avrebbe avuto interessi in alcune società attive nel settore ittico. Gli investigatori hanno accertato che Favoccia nel 2010 aveva effettivamente fatto un viaggio a New York.

Lo scatto nel covo

Quella sequestrata a casa di Ernesto Bardellino 22 anni fa non è l’unica foto ritenuta dagli inquirenti importante per accertare cosa sia realmente accaduto al boss. Ce n’è un’altra analizzata dal Nucleo speciale frodi tecnologiche della guardia di finanza. Probabilmente si tratta di uno scatto recuperato nel 2007 fornito agli investigatori da una fonte che si trovava all’interno di un covo usato da Ernesto Bardellino. Anche nel caso di questa immagine c’è un giudizio, da parte degli esperti, di “compatibilità totale” con la foto-segnaletica di Ernesto Bardellino.

La dichiarazione di morte presunta

Ucciso nel 1988, dicono i giudici di Spartacus. Del cadavere non si sono mai avute notizie. Ma i familiari si sono convinti a presentare l’istanza di dichiarazione di morte presunta del mafioso solo a 29 anni di distanza dall’ipotizzato agguato. Per la Direzione distrettuale antimafia è una circostanza anomala. Perché preoccuparsi di farlo dopo così tanto tempo? Per fermare le ricerche? Solo ipotesi, per ora.

L’impero di Sandokan fondato su una menzogna

Sarà che il cadavere non è mai stato trovato. Sarà che i magistrati hanno potuto contare soltanto su dichiarazioni di collaboratori di giustizia con conoscenze indirette sull’agguato brasiliano. Sarà che l’animo umano ha una tensione naturale ad alimentare possibili leggende (e lo fa, indistintamente, con personaggi del mondo del bene e con quelli del male).

Francesco Sandokan Schiavone

Sarà che, forse furbescamente, tingere di mistero la fine ingloriosa di chi trasformò in mafia la criminalità agreste e poco organizzata dell’Agro aversano, per chi aveva ereditato le redini di quella struttura era una giusta strategia per darle solidità. Sarà per una, per qualcuna o per ognuna di queste cause, ma prima ancora che gli inquirenti mettessero nero su bianco i dubbi, adesso giustificati da prove concrete, sull’uccisione di Antonio Bardellino, le voci che il boss, nato il 4 maggio 1945 a San Cipriano d’Aversa, fosse ancora in vita si sono rincorse sin dal giorno successivo all’ipotizzato agguato brasiliano. Adesso quelle dicerie stanno lasciando spazio ai ‘fatti’ che la Dda sta raccogliendo e mettendo uno dietro l’altro.

Una storia da riscrivere

Se dovesse arrivare a sostenere con certezza che il boss non fu eliminato, la storia criminale della mafia dei Casalesi andrebbe riscritta. Significherebbe che Francesco Sandokan Schiavone, il fondatore del clan, ha costruito il suo regno di terrore su una menzogna. Significherebbe che Bardellino aveva trovato un accordo con chi lo aveva raggiunto in Sudamerica per ucciderlo: farsi da parte, lasciare l’Agro aversano, ma salvare la sua vita e quella di buona parte dei propri familiari.

Mario Iovine

La storia processuale dice che Mario Iovine, alias ‘Marittiello’, raggiunse il boss in Sudamerica per assassinarlo e vendicarsi così della perdita del fratello Domenico. Chi gli disse che ad ordinare la morte del germano fu Bardellino sarebbe stato Francesco Sandokan Schiavone: ma quest’ultimo aveva prove evidenti o fu una strategia per convincere un alleato (dell’epoca) a sbarazzarsi di chi voleva spodestare? Se Bardellino non venne assassinato è perché, probabilmente, convinse Iovine che lui, con la morte di Domenico, non c’entrava nulla. Oppure, più cinicamente, guadagnò la propria salvezza promettendo altro a Mario.

Il solo che avrebbe potuto dire la verità su questa intricatissima storia sarebbe stato proprio Iovine. Ma ‘Marittiello’ ma venne assassinato a Cascais, in Portogallo, nel 1991. Ufficialmente fu ammazzato su ordine di Nunzio De Falco. Per quale ragione? Per vendicarsi della scomparsa del fratello Vincenzo. E fu ancora sangue per lavare altro sangue.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Politico, padrino del figlio di Sandokan e faccendiere: il profilo di ’o munaciello

Guerra nel clan dei Casalesi. Michele Zagaria voleva uccidere Barbato


LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome