NAPOLI – Inchiesta si abbatte sul distretto sanitario 24 in via Chiatamone. I carabinieri del Nas (diretti dal tenente colonnello Alessandro Cisternino) hanno piazzato microspie negli uffici al secondo piano. Non solo cimici, anche microtelecamere all’ingresso, dove c’è il badge per i dipendenti e all’esterno. Gli investigatori hanno pochi dubbi: documentate le assenze dal lavoro di diversi medici. La Procura fa sapere che tra le 69 persone colpite da misure cautelari (18 in carcere e 51 agli arresti domiciliari), indiziate a vario titolo dei reati di associazione a delinquere finalizzata alla falsificazione ideologica e materiale, corruzione e truffa aggravata ai danni del Servizio Sanitario Nazionale, figurano medici dell’ASL Napoli 1 Centro, titolari di imprese funebri e dipendenti del Comune. Indagine partita nel marzo 2022 con una denuncia dell’Asl, dopo aver ricevuto una lettera anonima. Il resto lo hanno fatto gli accertamenti dei militari dell’Arma.
Secondo gli inquirenti, è emerso un legame associativo stabile e duraturo tra i vari indagati. Nell’ordinanza cautelare vengono riportati i singoli episodi di assenteismo dal posto di lavoro, come emersi durante le indagini dei carabinieri anche con appostamenti davanti agli uffici dell’Asl in via Chiatamone. Tra le misure cautelari emergono medici noti e rinomati a Napoli, come Margherita Tartaglia, che ha un centro estetico sempre a Chiaia, Luigi Rinaldi e Federico Amirante. Proprio negli uffici di Tartaglia, Rinaldi e Amirante i carabinieri sistemano le ‘cimici’ e sulle conversazioni captate si basa buona parte dell’ordinanza cautelare.
Torniamo alla ricostruzione degli inquirenti. La Procura spiega che la presunta organizzazione sarebbe stata diretta e organizzata da dirigenti medici attraverso un modus operandi definito e con compiti e attività collaudati. Avrebbe creato una rete, composta da referenti di varie imprese funebri operanti in città, procacciatori nel settore dell’invalidità civile (appartenenti a patronati, CAF e agenzie private) e dipendenti pubblici, in particolare dell’Ufficio Cimiteriale e dell’Anagrafe del Comune di Napoli.
Dietro pagamento di somme di denaro, stabilite con un tariffario preciso, sarebbero stati emessi certificati necroscopici falsi, o comunque senza seguire la procedura corretta, attestando che il medico legale aveva constatato il decesso a domicilio, mentre in realtà la documentazione era redatta e consegnata agli impresari funebri direttamente negli uffici del Distretto Sanitario 24 di Napoli, in via Chiatamone 33, previo pagamento.
Questa procedura permetteva agli impresari funebri di avviare rapidamente le pratiche funerarie, incluse le cremazioni, senza il prelievo del DNA, senza l’autorizzazione dei familiari e talvolta violando le competenze giurisdizionali del Distretto Sanitario 24. Va detto, che si tratta al momento di ricostruzioni e accuse dopo le prime indagini dell’Arma. Tutti sono da ritenere innocenti, fino a una eventuale sentenza di condanna.
