ARZANO – Un maresciallo dei carabinieri che varca la soglia del carcere. Che viene rinchiuso in una cella, per effetto di un’ordinanza che lo vede accostato alla criminalità organizzata, al clan che, in teoria, avrebbe dovuto combattere. Accuse gravissime per un uomo, ovviamente, innocente fino a eventuale sentenza definitiva, che indossa una divisa. Ma l’impianto costruito dalla Procura (pm Giuliano Caputo e Simone de Roxas) sostiene che Giuseppe Improta abbia agevolato il clan della 167 di Arzano. L’ordinanza è firmata dal gip Carla Sarno e vede coinvolti anche i fratelli Giuseppe e Mariano Monfregolo, ritenuti a capo dell’omonimo gruppo criminale, e Aldo Bianco, 67enne considerato trait d’union fra il maresciallo e la camorra. Indagati a piede libero Pasquale Cristiano, detto Pickstick, e suo padre Pietro, entrambi un tempo capi dell’omonimo clan legato agli Amato-Pagano e oggi collaboratori di giustizia. Per i due non è stata avanzata richiesta di misura cautelare.
I Monfregolo, i Cristiano e Bianco, in qualità di esponenti del clan della 167 e al fine di agevolarne l’attività, avrebbero commesso una serie continua di condotte corruttive nei confronti di Giuseppe Improta, 57enne nativo di Teverola e residente ad Aversa, luogotenente in servizio presso la tenenza dei carabinieri di Arzano, aventi ad oggetto la rivelazione di segreto di ufficio relativo sia alle attività investigative in corso, sia alle modalità esecutive dei mandati di cattura per sottrarsi alle misure cautelari e preventive poste in essere dall’autorità giudiziaria, dietro il corrispettivo di denaro e altre utilità. Nello specifico, dalle indagini è emerso che Improta riceveva mensilmente la somma di euro mille corrisposti dal reggente pro tempore del clan, consegnati sia direttamente da Pasquale che Pietro Cristiano, e dai Monfregolo, attraverso l’intermediazione di Bianco. Improta riceveva, per il tramite di Bianco, periodicamente, l’ulteriore somma di euro 3mila o 2mila euro (a seconda delle condotte corruttive da remunerare e della disponibilità di denaro contante) da Pietro Cristiano con cadenza regolare fino all’arresto dello stesso nel 2016.
Il maresciallo, inoltre, riceveva gratuitamente da Bianco, Mariano Monfregolo e altri sodali interventi di manutenzione, verniciatura, cambio pneumatici, pezzi di ricambio (specchietti retrovisori ed altro) per le autovetture Ford Fiesta e Fiat 500 e per le auto nella sua disponibilità o comunque nella disponibilità di familiari o soggetti rientranti nella sua sfera relazionale. Da Pasquale Cristiano, secondo l’accusa, sempre per il tramite di Bianco, avrebbe ricevuto un’ulteriore somma di denaro in occasione della notifica del provvedimento di revoca della sorveglianza speciale effettuata il 14 luglio 2017 e consegnata, successivamente c nello stesso giorno, da Bianco. Stando a pm e gip, Improta avrebbe omesso di inserire in banca dati Sdi (sistema di indagine) il provvedimento applicativo della sorveglianza speciale a carico di Cristiano ricevuto, in qualità di comandante della tenenza dei carabinieri di Arzano, per la notifica al neosorvegliato speciale il 13 dicembre 2016 e inserito solo in data 27 dicembre 2016 immediatamente dopo un controllo a carico di Pickstick effettuato da una pattuglia dei carabinieri della stazione di Napoli/San Giuseppe. In un’occasione avrebbe, inoltre, redatto una falsa relazione in ordine alla buona condotta tenuta da Cristiano nel periodo di sottoposizione alla sorveglianza speciale richiedendo, il 14 luglio 2017, in sede di notifica della revoca del provvedimento una remunerazione ulteriore a lui consegnata, poi, nella stessa giornata da Bianco.
A inizio dicembre di quello stesso anno avrebbe omesso di inserire in banca dati e non procedeva alla compiuta esecuzione del decreto di fermo emesso in data 28 novembre precedente dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli. a carico, tra gli altri, di Domenico Russo detto ‘o mussur e Giuseppe Monfregolo detto ‘o guallarus, omettendo di eseguire il fermo e di documentare le eventuali vane ricerche. Il 5 febbraio 2018 avrebbe avvisato, attraverso Pietro Cristiano, Domenico Russo e Pasquale Cristiano dell’esecuzione della misura cautelata a loro carico e avrebbe consentito, in questo modo, la fuga e la latitanza dei due, oltre che l’asportazione e l’occultamento del rifugio, delle prove dei reati e dei beni lì custoditi, nonché la rimozione del dispositivo Dvr di registrazione dei filmati di provenienza furtiva condotta da Bianco. Altra soffiata: avvisò Bianco e i Cristiano delle attività di monitoraggio video della loro abitazione disposto dall’autorità giudiziaria, del posizionamento delle telecamere sul lastrico solare del palazzo prospiciente e delle modalità di occultamento delle operazioni di installazione, con simulazione di intervento di tecnici della rete satellitare Sky.