Abbracci e libertà

L’emergenza Covid in carcere ha reso più gravi e irrisolti i problemi del pianeta carcere. Il sistema penitenziario del futuro non potrà tornare ad essere quello del passato. C’è la necessità, subito, di tornare al diritto penale minimo, liberale e garantista e al carcere come estrema ratio, riservato solo agli autori di reati gravi. Aumenta la presenza dei detenuti nelle carceri, creando preoccupazione ed indignazione. Il sovraffollamento, condizione cronica di tutti gli istituti di pena del nostro Paese, ha aumentato il divario tra la certezza della pena e la qualità della stessa. L’emergenza Covid, che ha spezzato vite di detenuti ma anche di generosi operatori penitenziari, ha reso ancora più evidente che il carcere è una struttura classista che non rispetta gli obblighi della Costituzione, quasi nessuna strategia dei diritti. Contagiati, infreddoliti, senza la presenza di parenti, volontari, senza sorveglianza dinamica, senza occasioni ricreative, culturali, formative. Persino l’accesso degli avvocati è stato fortemente limitato. Come Garanti in quest’anno abbiamo richiesto interventi volti a ridurre il numero di detenuti e consentire quanto più possibile misure alternative alla pena detentiva. Abbiamo avuto interventi a macchia di leopardo di Magistrati di sorveglianza e di Procure. Abbiamo avuto magistrati di sorveglianza che non hanno firmato nessuna licenza o fatto ritornare in carcere detenuti contagiati dal Covid. Abbiamo avuto carceri, come Poggioreale e Secondigliano, dove complessivamente si sono fatti più di 5000 tamponi e altre carceri dove il sistema di prevenzione e controlli è stato affidato alla buona volontà di Direttori di carceri e Direttori sanitari. Io sono abolizionista e allo stesso tempo realista. Sono idealista al punto di considerare giusto e sacrosanto un’amnistia, un indulto o una soluzione “politica” per coloro che hanno scontato decine e decine di anni di carcere, ma la Politica è sorda, pavida e cinica. Ed allora ribadisco che essere realisti significa battersi per la decarcerizzazione, per la depenalizzazione. Occorre limitare il numero dei reati che hanno una pena carceraria. Occorre abolire, abbattere, annullare, come volete voi, le leggi che riempiono le carceri italiane, o fanno tornare in carcere per residui pena brevi . Oggi sono detenute nelle carceri italiane ben 1211 persone che devono scontare una pena inferiore ad un anno e ben 5967 per una pena da uno a tre anni. Occorrono subito misure alternative alla pena di così lieve entità. In regione Campania al 30 giugno di quest’anno c’erano 753 detenuti condannati per pena residua fino ad un anno, mentre erano 733 da un anno a due. Attori diversi devono mettere in campo quindi risposte efficaci e repentine. Per fare questo è necessaria una pedagogia collettiva per tutti, compresa la politica. In fondo la pandemia ha messo in evidenza la disumanità del carcere. Basta con il populismo politico e il populismo penale. Si può fare tutto questo? Senza nessun pericolo sociale o senza allarmismi, nel rispetto della nostra Costituzione e di tutte le vittime, perché la pena non deve essere vendetta e non può essere contraria al senso di umanità e giustizia nel piano dei ristori dovuti alla Pandemia, non può mancare il risarcimento delle condizioni di detenzione particolarmente gravose subite durante la pandemia. Oggi, per noi Garanti, sarebbe giusto riconoscere ad ogni detenuto un giorno di liberazione anticipata per ogni giorno di detenzione scontato durante la pandemia. * Garante campano dei detenuti.cerimonia. Tutto questo nell’epoca in cui va consolidandosi la filosofia del “politicamente corretto”, ovvero il surrettizio tentativo di modificare la scala dei valori etici, politici e sociali, introducendo, come emancipate ed opportune, teorie che archiviano taluni valori del passato per introdurne altri. Insomma un occulto stratagemma per accreditare come innovatrici ed al passo coi tempi, tematiche care a taluni ambienti politici e culturali. In una società instupidita dalla gran mole di notizie e dalla velocità con le quali esse viaggiano, è ben difficile procurarsi l’attenzione su un ragionamento coerente ed avveduto. Peggio ancora se gran parte di questa società esce da scuole che hanno ormai rinunciato alla loro funzione educativa ed istruttiva per puntare tutto sulla massima parificazione sociale dei discenti, portando al minimo quantità e qualità dei saperi. E’ in queste menti che ignorano buona parte della storia e dei valori del passato, incapaci di confronto ed analisi critica tra modelli etici, che si radicano facilmente i messaggi subliminali che arrivano dai social. Ecco che la celebrazione dei caduti diventa retorica inutile, perché l’idea della guerra si combatte a prescindere dal dovere di ricordare i caduti. In sintesi, deve subentrare il nuovo spirito del pacifismo ad oltranza , che peraltro è quasi sempre strabico, orientato ed utilizzato ad intermittenza secondo gli interessi politici. Ecco che parlare dei ragazzi della leva del 1899 che si immolarono sul Piave, diventa retorica guerrafondaia e non sacro omaggio a chi nell’ora del pericolo, versò il proprio sangue per difendere la bandiera tricolore. Meglio essere internazionalisti ed apolidi, accogliere e parificare tutto quello che viene proposto da una società che ha smarrito la propria identità storica. Dove poi siano finiti i sedicenti conservatori, intenti a rivendicare il mantenimento delle rispettive quote di “sovranismo” in Europa, non è dato sapere. Eppure costoro dovrebbero sapere che “Europa unita” significa anche rispetto per storia, tradizione ed identità delle nazioni aderenti. Insomma: alla sinistra occorre dire che il “politicamente corretto” sovente è una truffa mentre alla destra ribadire che la retorica nazionalista non serve e non basta per salvare l’identità italiana. Viviamo in un mondo globalizzato nel quale i mercanti ed i mercati hanno la meglio sui popoli. Ma esiste un grande antidoto da poter usare e si chiama, amor di patria.

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