NAPOLI – Le nostre azioni quotidiane hanno ripercussioni sulla nostra salute e anche sull’ambiente. Si stima che ognuno di noi ingerisca circa 5 grammi di plastica a settimana. La plastica è oggi il terzo materiale prodotto dall’uomo più diffuso sulla Terra, dopo acciaio e cemento. Con la campagna Sustainable Future, il Wwf parla dell’impatto delle nostre scelte di consumo ma anche il ruolo fondamentale che noi tutti abbiamo con le azioni quotidiane, per il pianeta e per il nostro futuro. Per farlo ha lanciato una “Guida di sopravvivenza” per un futuro sostenibile dal titolo “Life in plastic, it’s not fantastic”. L’obiettivo è imparare a ridurre l’uso di plastica nella nostra vita per costruire un futuro sostenibile.
PLASTICANALISI
La regola delle regole è fare una “plasticanalisi”: basta chiedersi per ogni oggetto in plastica che stai per acquistare o usare se ne hai davvero bisogno o se puoi farne a meno, se esistono materiali alternativi altrettanto durevoli (vetro, ceramica, alluminio, cotone biologico o altre fibre vegetali, plastica compostabile, bambù, canapa, legno, sughero, gomma naturale) e cercare di acquistare il più possibile prodotti sfusi, con meno imballaggi o di seconda mano.
IN CUCINA
Per non bere la plastica occhio a bicchieri e bottiglie. Eliminare l’uso dei bicchieri in plastica significa risparmiarsi le 25mila microplastiche che possono rilasciare nell’acqua in 15 minuti. Se scegli una bottiglia di vetro o di acciaio al posto di una in plastica, eviti di ingerire fino 550 microplastiche ogni litro di acqua. Poco sale è meglio non solo per l’ipertensione ma anche perché il sale marino, che usiamo come condimento, può contenere oltre 1600 microplastiche per chilo. Meglio comprare cibo sfuso. Gesti semplici come aprire una confezione di plastica, stappare una bottiglia,
stropicciare una bustina, possono generare fino a 250 microplastiche. Altrettanto i teli di plastica usati nei campi o nelle serre esposti a vento, sole e acqua rilasciano
nel terreno 475 microplastiche per cm2 che possono essere assorbite dalle piante e finire nella frutta e nella verdura che mangiamo. Le tisane sono ottime ma scegliamo quelle sfuse o con i filtri in carta. Quando i filtri in plastica per infusi entrano a contatto con l’acqua bollente (95°C) possono rilasciare oltre 11 miliardi di micro e 3 miliardi di nanoparticelle di plastica per ogni bevanda.
IN BAGNO
Meglio il make-up biodegradabile. I glitter sono minuscole particelle di plastica presenti in molti cosmetici “illuminanti”, come fondotinta, creme, eyeliner, mascara, rossetti, ombretti e smalti per unghie. Addosso sono molto belli, ma quando ci laviamo il viso e il corpo finiscono nello scarico e da lì nell’ambiente marino, dove vengono ingeriti dagli organismi acquatici che non li possono distinguere dalle particelle di cibo. Questo determina una contaminazione della rete alimentare che arriva fino alle nostre tavole. Le spugne vegetali al contrario di quelle sintetiche (realizzate in plastica), non rilasciano microplastiche e sono anche più delicate sulla pelle e biodegradabili. Quindi scegliamo guanti di fibre vegetali e spugne di luffa. Fino a 17 miliardi sono le nanoplastiche che possono essere rilasciate da un assorbente femminile tradizionale. Scegliamo quelli in cotone biologico compostabili o riutilizzabili, senza plastiche e additivi. Impariamo a leggere le etichette. I comuni detersivi per il bucato, le superfici e le stoviglie possono contenere microplastiche che vengono aggiunte di proposito nella formula come agenti abrasivi o per controllare l’aspetto e la stabilità di un prodotto.
ARMADIO
Poliestere, poliammide/nylon, acrilico, poliuretano, elastan sono fibre di plastica. Durante l’uso e il lavaggio rilasciano microplastiche nell’aria e nell’acqua. Meglio i tessuti naturali come cotone, canapa, lino, juta, ramiè. Meglio lavare meno e fare lavatrici a pieno carico, a basse temperature, con centrifuga lenta e lasciare asciugare i panni all’aria. Il fast fashion è spesso amico della plastica. Scegliamo capi di qualità che durano di più, oppure quelli di seconda mano. Gli abiti usati, sono una risorsa incredibile per il nostro ecosistema.
© RIPRODUZIONE RISERVATA